Terremoto Friuli, la visita nel duomo ricostruito a Gemona

GEMONA. L’arrivo tra due ali di folla, il dialogo con i bambini e poi il raccoglimento in duomo davanti al Cristo del terremoto. Accompagnato dall’arcivescovo, Andrea Bruno Mazzocato, e dal sindaco di Gemona, Paolo Urbani, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ieri, ha visitato il luogo simbolo del terremoto. Il duomo caduto a pezzi la sera del 6 maggio e ricostruito mantenendo le colonne storte.
Atteso dall’allora sindaco, Ivano Benvenuti, visibilmente commosso, Mattarella si è concesso al fotografo con a fianco lo stesso Benvenuti, l’ex assessore regionale Salvatore Varisco, e il commissario straordinario, Giuseppe Zamberletti. «Quella foto - ha commentato poi Benvenuti - rappresenta il modello Friuli con lo Stato, il commissario, la Regione e i sindaci».
A 40 anni dal sisma che distrusse il Friuli e provocò quasi mille morti, quella di ieri è stata la giornata del ricordo e della commemorazione delle vittime. Tanta l’attesa davanti al duomo blindato da un rigorosissimo servizio d’ordine. Tra i primi ad arrivare sono stati Damiano Forgiarini e Gianfranco Croatto, i “custodi” del duomo. Avevano la chiave in tasca e aspettavano il via libera per introdurla nella toppa. «Apriamo solo le porte e accendiamo le luci» hanno ripetuto assicurando che gli addobbi floreali erano quelli della messa del giorno prima celebrata dai parroci provenienti da 30 diocesi italiane. Forgiarini e Croatto erano lì anche quando arrivò Giorgio Napolitano.
A Gemona c’erano i terremotati di ieri e le nuove generazioni. Tutti, qualche minuto prima delle 11, quando il presidente ha imboccato via Bini vestita a festa con i tricolori appesi alle finestre, si sono uniti in un unico applauso. Il presidente si e fermato davanti agli alunni della scuola elementare di Gemona e Piovega, alcuni indossavano i costumi friulani.
Uno di loro ha preso il coraggio e ha dato il benvenuto al presidente porgendogli il calendario in friulano menzionato, nel 1986, da Gianni Rodari in “Paese sera”. Allora l’avevano realizzato i bambini di quinta, quest’anno i ragazzi della stessa classe l’hanno rivisto e consegnato nelle mani del Capo dello Stato. Oltre al calendario, la scuola di Gemona e Piovega ha aggiunto un volume e un Dvd sul castello.
Il presidente si è intrattenuto volentieri con gli alunni prima di entrare in duomo dove ha incontrato Benvenuti. «Ha detto che siamo stati bravi» ha riferito l’ex sindaco definendo quel momento «molto toccante».
Mattarella, con l’arcivescovo e monsignor Valentino Costante, parroco di Gemona, ha poi raggiunto l’altare e nel presbiterio ha attribuito gli stalli all’epoca settecentesca.
Opere presenti anche nella sua Sicilia. Nel corso della visita guidata, il presidente ha voluto fermarsi davanti al Cristo del terremoto dove, per qualche minuto, è rimasto in silenzio. A colpire la sua attenzione è stata anche la pala lignea di Andrea Moranzone, non a caso il presidente ha voluto sapere perché porta ancora i segni dell’incendio.
La visita del Capo dello Stato nel duomo di Gemona è durata meno di una decina di minuti. All’uscita ha trovato di nuovo gli alunni con la loro allegria e le bandierine colorate. Qualche passo ancora e nel sagrato è riecheggiato l’applauso della gente. Il presidente ha risposto al saluto prima di avviarsi verso l’auto che l’avrebbe condotto a Venzone.
La visita del presidente della Repubblica nel duomo che all’indomani del 6 maggio portava le ferite del terremoto, ha assunto un significato particolare. Ieri, in una via Bini accecata dal sole, mentre il corteo dei parlamentari e dei sindaci arrivati da tutta la zona terremotata si fermava davanti alla transenna, era come se la gente avvertisse la presenza dello Stato che, nel 1976, diede fiducia ai sindaci. E sulle note della banda musicale di Gemona e degli alpini della Julia che intonavano anche le villotte friulane, anche 180 studenti dell’istituto D’Aronco hanno ricordato il terremoto visto e rivisto nei video d’epoca. «Rivedere quelle immagini e confrontarle con quelle di oggi è motivo d’orgoglio» hanno detto Samuele Di Marco e Matteo Persello, due studenti di quinta ai quali le insegnanti trasmettono la memoria del terremoto.
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