Talento, coraggio e volontà d’acciaio l’epopea di Mario e Luigi Danieli

Sarà presentato martedí, alle 18 in sala Aiace a Udine “Nati per la meccanica. L’avventura imprenditoriale di Mario e Luigi Danieli”, il volume di Mario Robiony edito da Forum. Alla presentazione interverranno Romano Vecchiet, Flavio Pressacco, Andrea Moretti e Annachiara Danieli. Introdurrà Pietro Cafaro.
«Prendi l’aereo e vola a casa» scrive il nonno Mario a mio padre nel 1950, incoraggiandolo a lasciare l’Argentina dopo una lunga e amara esperienza. Mentre leggo Nati per la Meccanica il libro di Mario Robiony sull’avventura imprenditoriale di Mario e Luigi Danieli nel ’900, rimango colpita da queste quattro parole che riassumono cosí bene lo spirito del nonno e il profondo affetto che lo legava a suo figlio. Guarda che bravo, penso, esorta il papà a “volare”, non a tornare, a casa. È una sfumatura, ma quanto del nonno c’è in questa parola, quanto del suo stile e ottimismo, della sua generosità e della sua grande ammirazione per il figlio.
Il libro svela le tante cose fatte, le battaglie vinte e perse, i momenti felici e sconsolati di due vite ricche e intense, ma la vera rivelazione per me è stato scoprire la relazione speciale che esisteva fra padre e figlio. Il loro rapporto intreccia queste due avventure dai risultati opposti in una parabola unica che trasforma gli insuccessi del nonno nei successi del papà, vissuti con lo stesso spirito, lo stesso pensiero. È lo spirito “Danieli” come dico io, con orgoglio e senza modestia.
Il libro si apre agli inizi del ’900 quando Mario, giovane ingegnere, morde il freno alla Ginori e, insoddisfatto di una vita di routine, manda il fratello Timo, appena laureato alla Bocconi, a caccia di iniziative imprenditoriali che gli permettano di lavorare libero e indipendente. Molte sono le attività che i due fratelli valutano, alcune già avviate, altre vere e proprie start-ups. La mente di questo fervore imprenditoriale è sempre Mario, che alla fine lascia la Ginori per una vita piú avventurosa e stimolante. Ma non piú facile.
I progetti non vanno bene, nemmeno la partecipazione piú importante nell’acciaieria Angelini di Brescia, professionalmente impegnativa e finanziariamente onerosa. Tuttavia Mario non si sente sconfitto: «Sono animato da buone speranze. Non sono affatto scoraggiato. Calcolo il passato come morto e ritorno da capo. Il mondo non è fatto a scala?», scrive in uno di quei brutti periodi ai suoi genitori, in questa storia figure marginali, ma non secondarie. L’affascinante personalità di Mario è, infatti, il risultato di un connubio singolare fra Anna Beltrame, ricca e determinata contadina friulana e Filotimo Danieli, giovane trentino, avventuriero e pasionario che, dopo aver partecipato alla spedizione dei Mille, si sistema a Rive d’Arcano come medico condotto. Dalla madre Mario eredita il buon senso della terra, dal padre lo spirito intraprendente dell’ex-garibaldino. In questo ambiente misto, urbano e contadino, serio, ma non troppo, operoso, ma non bigotto, in un’atmosfera solare, libera da conformismi e pomposità, fiorisce Mario. Diventa una persona eclettica, un tecnico e un artista, un brillante ingegnere, un innovatore la cui visione però rimane sempre ancorata a una concreta semplicità. Questo modo particolare di volare con i piedi per terra ispirerà tutta la vita del nonno; sarà la fonte del suo ingegno tecnico, della sua forza d’animo, della capacità di accettare le sconfitte senza perdere la voglia di osare, di rischiare.
Il vivere e pensare in modo audace e semplice, l’amore per la soluzione ingegnosa e chiara, per le cose che hanno senso e sostanza, verrà condiviso completamente dal figlio. Le macchine che, negli anni ’60, renderanno famoso il papà fra gli acciaieri bresciani, trampolino di lancio della Danieli nel mondo , sono il risultato di una mente formata alla scuola di Mario, semplice e sofisticata.
Formare Luigi diventa una missione per Mario e realizzare la visione di Mario diventa un dovere per Luigi. Quando il nonno muore il papà annoterà nella sua agenda di aver perso «il piú grande amico e compagno di lavoro». Se oggi possiamo riflettere e forse anche imparare dalle storie di Mario e Luigi Danieli lo dobbiamo a due persone che approfitto per ringraziare di cuore: mia madre, Teresa Zoratti e Mario Robiony. Alla mamma va tutta la mia gratitudine per aver dato fiducia e sostegno a Mario, avergli messo a disposizione la biblioteca di casa e l’archivio delle lettere e dei diari personali e di lavoro del nonno e del papà. A Mario va tutta la mia riconoscenza per avermi aiutato a scoprire e ad apprezzare due uomini e il loro formidabile spirito, così semplice, così spontaneo, così intraprendente.
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