Studiolo del Pordenone In “viaggio” con Sgarbi fra i tesori d’arte nascosti

Il Pordenone risplende a Pordenone. La mostra inaugurata ieri in città, che si potrà visitare fino al 2 febbraio e che ha il suo cuore alla galleria Pizzinato (le altre due tappe sono il duomo e il museo Ricchieri) è il giusto tributo a un grande del Rinascimento. La città però non è ancora riuscita a completare questo tributo fino in fondo perché manca ancora un pezzo pregiato: lo studiolo del Pordenone, quel palazzetto di tre piani che si trova in via San Marco e che è privato. Pochissimi i pordenonesi che ci sono entrati, ma ieri le porte si sono aperte per Vittorio Sgarbi e una stretta delegazione.
Lo studiolo
Come emerso durante la visita al cantiere, «i lavori sono fermi da tre anni» e non si sa quando potranno riprendere perché le proprietà sono diverse. Sgarbi, accompagnato da Giancarlo e Alberto Magri e da Angelo Crosato, si è fermato al secondo piano (di proprietà privata), dove si trovano gli affreschi attribuiti al de’ Sacchis e che hanno spinto una parte della critica a parlare di studiolo, e poi al primo, che è di proprietà della fondazione Friuli, dove permangono gli affreschi del fratello di Giovanni Antonio, Bartolomeo. Sgarbi si è molto divertito davanti al fregio con figure femminili che richiamano «le ballerine del cancan». In un altro ambiente delle decorazioni a grottesca collegano alla stanza dove un tempo c’era una porta, oggi murata, «che conduceva alla casa dei genitori del Pordenone» ha spiegato Crosato. Tra i particolari curiosi, all’ingresso del palazzo, una buca che sporge dal soffitto. Oggi si chiamerebbe citofono: da sopra era possibile vedere i visitatori.
la mostra
Luce e calore invece al Villa Galvani e Galleria Pizzinato per la mostra che raccoglie 80 opere dei maggiori autori del Rinascimento, messi a confronto con il Pordenone, nonché i disegni dell’artista di casa che arrivano dal Louvre.
sgarbi
«Il Pordenone erompe con potenza caravaggesca, è il trait d’union tra Michelangelo e Caravaggio. È più grande del Tiziano nell’affresco e per questo Vasari lo antepone a Tiziano in questo – racconta. Chi vuole godere del manierismo in questa mostra trova tutto». Sgarbi ieri è anche tornato sul ruolo delle mostre «che oggi sono sempre meno utili ma spettacolari. Questa mostra invece è utile perché fa conoscere opere che conosciamo poco e male».
Furlan
La curatrice Caterina Furlan, una delle massime esperte al mondo del Pordenone, ha spiegato in modo appassionato le opere in mostre chiarendo che «Molte non si sono potute avere, ma a questo punto per fortuna perché non avremmo saputo dove metterle». Secondo Furlan è importante che questo nuovo riflettore puntato sul Pordenone non si spenga dopo la mostra «perché se le iniziative non si sostengono finiscono nel dimenticatoio. Nell’84 la mostra generò un fiorire di studi e convegni e poi più nulla». Come si potrebbe tenere viva la fiamma di questo legame? «Manca un centro documentario, potrebbe essere fatto uno scavo sul materiale archivistico locale. Sarebbe interessante anche promuovere studi sui risvolti economici dell’artista.
Il comune
L’assessore Pietro Tropeano – o, come l’ha definito scherzosamente Sgarbi, “San Tropeano” –, nonostante la stanchezza ieri trasudava felicità ed emozione. «Finalmente il Pordenone è profeta in patria» ha detto mentre il sindaco Alessandro Ciriani ha ringraziato i curatori per aver dato sferzata città» e ha aggiunto: «Pordenone appare come una città sonnacchiosa invece ha grandi fermenti. I galloni della capitale della cultura ce li siamo guadagnati sul campo. Questa è una città che ha sofferto la sindrome di Cenerentola,una città di fabbriche caserme, con una grattugiata di Pasolini. Pordenone è molto altro». —
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