Studentesse vittime del manager violentatore: adescava le ragazze su Internet e collezionava le loro foto

Monica Serra

MILANO. Scatti dell’orrore che Antonio Di Fazio «collezionava come trofei». Molti di più dei cinquantaquattro raccontati dall’ordine di cattura che, venerdì pomeriggio, ha fatto finire l’imprenditore cinquantenne a San Vittore con le accuse di violenza sessuale aggravata, sequestro di persona e lesioni personali. Tanto che gli investigatori sono certi che le vittime siano più delle cinque inizialmente ipotizzate. Tutte inermi, nude, narcotizzate, abusate.

I dettagli in molte delle foto, il divano grigio, il pavimento, il letto, fanno presumere che molte delle giovani donne siano state violentate nella stessa casa di 200 metri quadrati in zona Sempione, dove venerdì 26 marzo è stata «avvelenata» la studentessa 21enne della Bocconi, invitata a un appuntamento di lavoro, con la scusa di offrirle la possibilità di fare uno stage nella sua azienda farmaceutica, la Global Farma.

Dopo l’appello che il pm Alessia Menegazzo e l’aggiunto Letizia Mannella hanno rivolto alle altre vittime, chiedendo loro di farsi avanti, già le prime telefonate sono arrivate ai carabinieri di Porta Monforte. E tre ragazze, tutte giovanissime, saranno sentite oggi stesso in procura. Ma per provare a identificarne altre gli investigatori stanno scavando tra vecchie denunce rimaste inascoltate perché le presunte vittime (che erano state narcotizzate) non ricordavano, non sapevano, magari si contraddicevano. Segnalazioni che i carabinieri stanno incrociando con le date dei terribili scatti trovati sui cellulari di Di Fazio, testimonianze e tabulati telefonici.

Da quel che emerge, sembra che alcune delle ragazze siano state agganciate direttamente dal cinquantenne, attraverso uno dei suoi profili Instagram (ora chiuso). Quello “fighetto”, dell’imprenditore in carriera amante della bella vita. Altre, invece, forse è riuscito a contattarle attraverso qualche amico, legato ad agenzie che lavorano nella moda, nel mondo delle notti milanesi, che Di Fazio, tra ristoranti di lusso e bei locali, era solito frequentare.

Gli inquirenti, infatti, ora vogliono stabilire se Di Fazio avesse qualche complice. Qualcuno in grado di aiutare il presunto «violentatore seriale» a «reclutare» le «prede». O, magari, che gli abbia permesso di reperire le benzodiazepine, con cui – per l’accusa – era solito stordire le vittime, al punto da impedirgli di ricordare, il giorno dopo, i suoi abusi. Lo psicofarmaco che usava necessita di prescrizione medica. E due boccette di Bromazepan sono state trovate dai carabinieri nascoste in una nicchia della cucina dell’appartamento di Di Fazio. Altre due, vuote, erano nel cassetto dell’anziana madre, che viveva con lui. Anche se l’ultima prescrizione del medico curante risaliva al 2018.

Così, interrogata il 10 aprile, la sorella dell’imprenditore, oncologa che lavora tra San Marino e Milano, si è assunta la responsabilità delle ultime prescrizioni: «Mia madre assume Bromazepam per le sue condizioni di salute: lo prescrivo personalmente». Molto legata al fratello, in più occasioni avrebbe provato a coprirlo e ad aiutarlo. Non è indagata, ma venerdì pomeriggio i carabinieri hanno aspettato che tornasse da San Marino e perquisito anche il suo appartamento milanese. —


 

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