Staccò il pollice a morsi al socio, condannato a due anni

LIGNANO. Erano soci di una pizzeria al taglio di Lignano Sabbiadoro. E proprio questo, negli anni della loro collaborazione professionale, aveva contribuito a incrinarne irrimediabilmente l’amicizia.
Baruffa dopo baruffa, il 19 agosto del 2010 si erano ritrovati a darsele di santa ragione e, tra uno spintone e l’altro, uno dei due aveva finito per strappare all’altro, a morsi, il pollice della mano sinistra.
Il tribunale di Udine ha riconosciuto a entrambi la colpa delle lesioni che si erano reciprocamente procurate nel corso della zuffa, condannandoli anche a risarcire i rispettivi danni, con somme da quantificarsi in separato giudizio.
La pena più alta è stata inflitta a Massimo Zappata, 46 anni, residente a Grugliasco, in provincia di Torino: 2 anni di reclusione, per avere cagionato al socio la «sub amputazione della falange distale del pollice, con frattura completa al terzo medio della falange ungueale – così il referto medico e la perizia medico legale – e con un danno biologico permanente del 10/11 per cento».
Nel ritenere a sua volta responsabile Candido Stoppa, 58 anni, residente a Chianocco, pure in provincia di Torino, ossia l’amico con il dito lesionato, il giudice monocratico Carla Missera lo ha condannato per due delle tre accuse che gli erano state contestate - oltre alle lesioni, anche le minacce rivolte a Zappata il giorno prima -, infliggendogli la pena di 5 mesi di reclusione, sospesa con il beneficio della condizionale.
Verdetto assolutorio, invece, per l’ipotesi dell’ingiuria, «perchè il fatto non è più previsto come reato». Stando alla ricostruzione del pm Claudia Danelon, prima di vedersi strappare il pollice, Stoppa lo aveva infilato in bocca al socio, fino alla gola, dopo averlo fatto cadere dalle scale, avergli sferrato un colpo al viso e averglielo trattenuto con le unghie.
Nel procedimento, entrambi i litiganti si erano costituiti parte civile. Zappata si era rivolto all’avvocato Lanfranco Sette, che a questo punto, lette le motivazioni della sentenza e considerata la mancata concessione della sospensione condizionale, non potrà che impugnarla in appello.
«Ha agito per legittima difesa – aveva argomentato il difensore –. Tra i due c’erano da tempo tensioni per ragioni riconducibili alla gestione della società e dall’istruttoria è emerso che lo scontro fisico finito al centro del processo non era stato un caso isolato».
Ad avviso del legale, «sussistevano profili per l’assoluzione, per evidenti dubbi sulla dinamica dei fatti. L’incertezza avrebbe dovuto indurre quantomeno a un’assoluzione con formula dubitativa».
La lite era avvenuta nell’abitazione di Gorgo di Latisana che i due condividevano anche con la terza socia. Quella sera, chiuso il locale, Stoppa era tornato a casa per farsi consegnare la documentazione contabile della pizzeria: da tempo lamentava all’altro di non fornire informazioni sulla gestione economica, cui era delegato, e, esasperato, gli si era presentato con animo non proprio sereno. Da qui, le versioni dei due divergono.
Secondo i difensori di Stoppa, avvocati Filippo Pesce e Giovanni Pullini, alla sua richiesta Zappata si sarebbe barricato nella propria stanza e avrebbe poi tentato di fuggire con la cartellina in cui solitamente era conservata la documentazione contabile del locale.
Stoppa lo avrebbe intercettato sulle scale, riuscendo a strappargliela di mano. Allora, per riprendersela, Zappata gli avrebbe afferrato il braccio destro e, nel corpo a corpo, l’altro gli avrebbe messo la mano sinistra sulla faccia, spingendolo indietro, per liberarsi.
A questo punto, Zappata «gli ha morso il pollice con una violenza tale da staccargli letteralmente un pezzo di falange». Nella discussione, i legali hanno insistito anche sulla complicanza infettiva seguita al morso e che costrinse il loro assistito a sottoporsi a una «severa terapia antibiotica».
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