«Spariti 150 mila euro dal mio conto corrente e da quello dei miei»

Il buco milionario alla filiale tolmezzina del Banco di Brescia. Una donna racconta come si è accorta di quegli ammanchi

TOLMEZZO. C’è una certa ritrosia nel voler parlare di quanto accadutole, ma poi, pur chiedendo l’anonimato, decide di farsi avanti e raccontare la sua storia.

A sentire questa donna, nel suo conto al Banco di Brescia Ubi Banca di Tolmezzo mancano 150 mila euro. Ha deciso di parlare «nell’intento di far emergere altre situazioni simili, che coinvolgono persone che ancora non lo sanno o non hanno ancora deciso sul da farsi».

La donna, che chiameremo Maria, ha circa 40 anni e, sebbene la famiglia d’origine abiti in un paese vicino ad Enemonzo – dove risiede Michela Chiaruttini l’impiegata della banca accusata di aver sottratto dei fondi – trascorre molto tempo fuori regione. La sua disavventura ha origini lontane, risale almeno al 2007,e sin d’allora, come spiega in un esposto denuncia presentato alla Guardia di Finanza ad inizio 2016, durante un suo rientro in Carnia per far visita alla famiglia, nota delle incongruenze nei suoi conti.

«Conosco personalmente l’impiegata della banca, c’erano rapporti di amicizia, fiducia risalenti a rapporti fra le nostre famiglie. Su consiglio di mio padre ho prelevato una somma da un’altro istituto di credito e aperto una posizione tramite Michela Chiaruttini al Banco di Brescia».

In Carnia realtà come la CoopCa, la Banca Carnica, confluita poi in Banco di Brescia, erano sentite come “cose di casa”, rapporti basati sulla fiducia, sull’amicizia, da non mettere in discussione. I loro rapporti, quello tra l’impiegata e la protagonista di questa vicenda, sono ancora conservati da Maria sul cellulare: messaggi che sembrano più improntati ad un rapporto amicale piuttosto che professionale e di lavoro. «So per certo – ammette Maria – che esistono altre situazioni simili alla mia, di persone residenti all’estero che hanno aperto un conto nella stessa mia banca. Ora stanno per rientrare in Carnia per verificare le loro posizioni in banca».

Sebbene le prime discrepanze abbiano avuto origine nel 2007, soltanto quest’anno Maria ha deciso di denunciare la presunta colpevole dei suoi ammanchi finanziari, anche perché «quando ero in paese incontravo spesso Michela, ma il clima non era sereno, anche se la stessa Michela aveva sempre spiegato ogni operazione. Insomma, alla fine mi sentivo sempre in torto».

Maria racconta di come sarebbe stata aggirata: somme che erano prelevate dal suo conto e da quello dei suoi familiari, che avrebbero perso, anche loro, una somma prossima ai 150 mila euro.

«Certi prelievi di cassa di somme superiori ad alcune decine di migliaia di euro, in contanti e allo sportello, erano effettuati subito dopo che sul conto erano entrati soldi provenienti forse da fondi, di cui non sono al corrente». Per Maria l’incongruità sta nel fatto che non poteva effettuare prelievi nella banca tolmezzina mentre si trovava fuori regione.

Da qui la richiesta di avere visione dei suoi estratti conto. «Ma in una maniera o l’altra Michela mi rabboniva sempre, dicendomi me lo avrebbe fatto pervenire a casa, ma poi io mi recavo fuori regione e così il tempo passava; oppure mi faceva vedere sullo schermo del computer della banca il mio conto corrente nel quale, mi rassicurava, aveva effettuato delle operazioni di poche migliaia di euro che mi avrebbero fruttato decine di migliaia di euro in poco tempo. Ma questi soldi poi uscivano dal conto per prelievi di cassa nei giorni successivi, senza che io li abbia mai visti».

Passaggi, questi, visualizzati soltanto sullo schermo senza averne mai ricevuto copia cartacea. «Poco dopo Natale la svolta: mi sono recata in banca a Tolmezzo e Michela, che voleva sempre essere lei a trattare i rapporti con me, non c’era, per cui ho chiesto di avere tutte le copie dei miei estratti conto, che mi sono stati regolarmente consegnati: soltanto allora ho scoperto di aver effettuato diverse operazioni “a mia insaputa”». Maria si interroga sulla fine che possono aver fatto i suoi soldi, ma ritiene che dietro a questa querelle possa esserci la responsabilità di qualcun altro.

«Perché il cassiere o la banca stessa in occasione di prelievi in contanti di decine di migliaia di euro non ha aperto le operazioni per l’antiriciclaggio previste dalla legge? ».

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