Sequestrati tartufi provenienti dalla Romania

Venti chili di tartufi bianchi e neri sistemati con cura in una scatola di polistirolo e refrigerati con bustine di ghiaccio. E un contenitore di plastica con dentro una crema già pronta. Il tutto per un valore stimato di oltre 80mila euro. È quello che hanno trovato – e poi sequestrato – i militari della Guardia di Finanza di Palmanova che, nella notte tra venerdì e sabato della settimana scorsa, erano impegnati in un controllo all’altezza del casello di Palmanova. Secondo gli investigatori del Nucleo Mobile, il carico era destinato alle zone d’Italia maggiormente note per la presenza il pregiato prodotto.
Al momento della verifica il conducente del mezzo, un cittadino romeno, è apparso ai militari evasivo e intimorito. E, quando dalla scatola avvolta nel cellophane sono spuntati i tartufi, si è giustificato dicendo che erano destinati ad un suo amico e connazionale residente nel Perugino. Ma visto che i tartufi erano sprovvisti di qualsivoglia documentazione fiscale, commerciale o che, comunque, potesse attestarne la provenienza e soprattutto la sicurezza alimentare, è scattato il sequestro della merce per la violazione della normativa europea in materia di rintracciabilità dei prodotti ad uso alimentare. I finanzieri, richiesto l’intervento di un ispettore del Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda sanitaria 2 Bassa Friulana, hanno sequestrato la merce e contestato la violazione amministrativa (pena pecuniaria prevista da 750 a 4.500 euro per gli omessi adempimenti relativi alla tracciabilità). I prodotti sono stati inviati in laboratorio per esami vari, compresi quelli radiometrici. La merce, se commercializzata, avrebbe fruttato circa 80mila euro e avrebbe messo a rischio la salute degli ignari estimatori del pregiato prodotto originale e danneggiato gli operatori corretti del settore, oltre che il Fisco. «Non è il primo caso – sottolinea il comandante provinciale della Guardia di finanza di Udine, colonnello Sergio Schena –, solo che mentre negli anni passati qualche documento c’era, in questo caso, invece, nemmeno un’informazione sulla possibile provenienza. Si comprende, dunque, il potenziale pericolo per la salute pubblica di un’eventuale immissione sul mercato».
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