Sensini e Balbo ricordano Maradona: «Da tifosi a compagni di squadra. Senza la sua squalifica avremmo vinto Usa '94»

UDINE
Nel 1986 quando Diego Maradona trascina l’Argentina al titolo Mondiale, Abel Balbo e Nestor Sensini, sono due ventenni che, assieme ai loro coetanei, saltano sul divano a ogni prodezza del numero 10. Non possono nemmeno immaginare che, a distanza di due anni, si sarebbero ritrovati compagni di squadra in nazionale di Maradona e che avrebbero giocato con lui due Mondiali, quello di Italia ’90 (da calciatori dell’Udinese dove arrivarono nel 1989) e quello di Usa ’94 da calciatori di Roma e Parma).
Oggi che Diego non c’è più, i loro ricordi partono proprio da lì, dalle esperienze vissute con l’Albiceleste. «La prima volta che ci siamo incontrati è stato nel 1988 – racconta Balbo a Sky –. Non mi sembrava vero: il mio idolo era diventato un compagno di squadra, qualcosa di magico».
A Italia 90’ l’Argentina arrivò in finale contro la Germania: perse 1-0 per un rigore a dir poco dubbio fischiato per un fallo di Sensini su Voeller: «No, nel post-partita Diego non mi disse nulla, ma anche in seguito mai una parola su quell’episodio. Del resto lui ha sempre aiutato i compagni, ci difendeva. Per questo era importante fuori dal campo come in campo».
Balbo aggiunge: «Lui possedeva una qualità che pochi altri fuoriclasse hanno, ovvero l’umiltà. Le squadre in cui ha giocato sono sempre state dei gruppi eccezionali: il Napoli, il Boca, l’Argentina».
Anche quella di Usa ’94. Fu la stessa Fifa a spingerlo a esserci perché si diceva avesse bisogno di un personaggio come lui per lanciare il soccer negli Stati Uniti. Dopo che Maradona attaccò il presidente Havelange al termine della seconda gara con la Nigeria, ecco lo stop per positività all’efedrina. «Ricordo quella sera – dice Sensini – eravamo tutti in camera sua e Diego piangeva. Si era preparato duramente per quell’appuntamento». Il giudizio di Balbo va oltre l’aspetto umano: «Noi quel mondiale lo avremmo vinto, eravamo la squadra più forte e Maradona era riuscito a creare un gruppo. Havelange sotto la sua presidenza Fifa non aveva mai visto il Brasile vincere un campionato del mondo. Successe qualcosa di strano».
Balbo e Sensini parlano di «un artista, Diego con la palla faceva quello che voleva. E non solo con quello. Se trovava qualcosa di tondo palleggiava ovunque, in ascensore, sul pullman». Abel vive a Roma, Nestor a Rosario. Da lontano non si avvertiva la preoccupazione che invece si percepiva in Argentina. «Non mi aspettavo questa notizia – le parole di Balbo –, dopo l’intervento alla testa sembrava stesse meglio. Se n’è andato troppo giovane Diego». Sensini usa una immagine calcistica: «Lui che su un campo di calcio ha dribblato tutti gli avversari del mondo non è riuscito, come tutti gli uomini, a dribblare la morte». Nestor rivela i suoi dialoghi in ritiro all’Udinese con Di Natale: «Lui era un grande tifoso di Diego e mi chiedeva tante cose di lui. Cannavaro, con il quale ho giocato al Parma, mi raccontava che lui faceva il raccattapalle nel periodo in cui Maradona giocava a Napoli».
La figura del fuoriclasse argentino è stata fonte di discussione per come Maradona si è comportato spesso fuori dal campo. «Era un ribelle – dice Balbo –, ha sempre fatto vedere quello che era, anche sbagliando. Ha provato anche a fare altro nella vita, il commentatore televisivo, l’allenatore, ma lui era se stesso solo in campo quando poteva lui far girare la palla». Chiude Sensini: «Lo voglio ricordare sul terreno di gioco dove trasmetteva l’allegria e la gioia di tenere una palla tra i piedi». —
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