Sea watch, i medici a favore dello sbarco. Brovedani: «Non è più possibile restare in silenzio»

Pierpaolo Brovedani, neonatologo del Burlo, invita gli operatori sanitari a mobilitarsi: inviato un appello alle istituzioni regionali e nazionali
In this photo taken on Wednesday, Jan. 16, 2019 the Sea-Watch rescue ship sails through the Mediterranean Sea. A private rescue boat with dozens of migrants aboard sought permission for a second day to enter a safe port Sunday, but said so far its queries to several nations haven't succeeded. Another vessel crowded with panicking migrants and taking on water, meanwhile, put out an urgent, separate appeal for help in the southern Mediterranean. Sea-Watch 3, run by a German NGO, said Sunday it has contacted Italy, Malta, Libya as well as the Netherlands, since the boat is Dutch-flagged, asking where it can bring the 47 migrants it had taken aboard. Sea-Watch tweeted that Libyan officials had hung up when it asked for a port assignment. (Jon Stone/Sea-Watch via AP) [CopyrightNotice: Jon Stone/Sea-Watch.org]
In this photo taken on Wednesday, Jan. 16, 2019 the Sea-Watch rescue ship sails through the Mediterranean Sea. A private rescue boat with dozens of migrants aboard sought permission for a second day to enter a safe port Sunday, but said so far its queries to several nations haven't succeeded. Another vessel crowded with panicking migrants and taking on water, meanwhile, put out an urgent, separate appeal for help in the southern Mediterranean. Sea-Watch 3, run by a German NGO, said Sunday it has contacted Italy, Malta, Libya as well as the Netherlands, since the boat is Dutch-flagged, asking where it can bring the 47 migrants it had taken aboard. Sea-Watch tweeted that Libyan officials had hung up when it asked for a port assignment. (Jon Stone/Sea-Watch via AP) [CopyrightNotice: Jon Stone/Sea-Watch.org]

UDINE. Non è accettabile restare indifferenti, né lo è il rischiare l’assuefazione di fronte a situazioni, come quella della Sea Watch, in cui «esseri umani vengono usati come arma di ricatto a fini politici». E davvero non è possibile «voltarsi da un’altra parte» di fronte a drammi umani così simili a quelli avvenuti decenni fa e di cui proprio in questi giorni si coltiva il ricordo.

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Pierpaolo Brovedani, pediatra neonatologo al Burlo di Trieste, parte da queste considerazioni per spiegare il perché dell’appello a istituzioni e Governo perché i migranti raccolti in mare dalla Sea Watch, vengano accolti.

Dottor Brovedani, perché questa iniziativa?

«L’altra sera stavo guardando il telegiornale dopo cena e mi si è letteralmente bloccata la digestione. Dovevo fare qualcosa».

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E cosa ha fatto?

«Mi sono messo al computer e ho redatto l’appello che poi ho inviato a colleghi e colleghe del Burlo, a medici che conosco e che lavorano in altri ospedali della regione».

E l’esito?

«È stata l’adesione immediata di tutti coloro che ieri erano in servizio e che, quindi, hanno letto la mail. Spero che altri lo facciano nei prossimi giorni».

Ma qual è stata la molla che l’ha spinta ad agire?

«Una riflessione... Credo che quella che stiamo vivendo, e non solo oggi, sia una situazione drammatica a cui rischiamo di assuefarci. Lentamente, giorno dopo giorno, osserviamo queste tragedie e diventiamo indifferenti. Ci abituiamo al fatto che esseri umani stiano rischiando la propria vita mentre noi osserviamo al caldo delle nostre case. E non bastasse, questi esseri umani vengono usati come arma di ricatto o di scambio tra governi».

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Mi pare di capire che considera questa cosa inaccettabile.

«È agghiacciante. Come medici abbiamo fatto un giuramento, il giuramento di Ippocrate, che spiega chiaramente in che modo ci si deve comportare. Ogni medico nella sua attività quotidiana si prende cura della vita e della salute delle persone che si rivolgono a lui, e quanti di noi vanno in Africa o in altri Paesi poveri del mondo per salvare delle vite? Ed è possibile restare ora in silenzio di fronte a queste vite in pericolo, a persone costrette all’addiaccio, in un mare agitato ed esposte a temperature invernali».

E tra loro ci sono anche ragazzini...

«Esattamente. Ci sono adulti che, immagino, vivano in un profondo stato di angoscia non sapendo quale futuro li attende, e ci sono bambini esposti a serie conseguenze fisiche e psicologiche. E non si dica che un sedicenne o un diciassettenne non è un minore...Spendiamo migliaia di euro di tecnologia per cercare di salvare un bimbo prematuro, e ci giriamo dall’altra parte di fronte ai migranti della Sea Watch?

Ci stiamo assuefando al cinismo, alla banalità del male che osserviamo quasi indifferenti nella comodità della nostra casa. Non è accettabile. E in questi giorni, che chiamiamo “della memoria”, davvero fatichiamo ad accostare i campi di concentramento in Libia ad altri distanti da noi solo qualche decennio? E i trasbordi di tanti disperati, non ci fanno ripensare ai treni piombati? Nessun parallelismo, certo, ma qualche somiglianza io la vedo».

Quindi?

«Quindi usciamo dal silenzio, facciamolo noi operatori sanitari, e assumiamoci le nostre responsabilità».

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