Sarajevo-Friuli, l’odissea di Kemal: ora potrà sconfiggere il tumore al Cro

Era stato salvato da Toni Capuozzo quand’era neonato, 25 anni fa. Ora grazie a un appello del giornalista potrà essere sottoposto a un intervento salvavita

Giovedì mattina, 11 maggio, attorno alle dieci, Toni Capuozzo e Kemal erano già in viaggio da Sarajevo con destinazione Udine. L’appello lanciato sui social dal giornalista friulano raggiungeva così il suo primo e fondamentale scopo: il superamento di quelle barriere burocratiche che impedivano il trasferimento in un ospedale italiano del giovane bosniaco per un’operazione chirurgica che gli potrebbe salvare la vita.



La vicenda risale ad alcuni giorni orsono, quando su Facebook Capuozzo posta un messaggio che invita i suoi amici a darsi da fare in aiuto del ragazzo. La storia di
Kemal Karic
è poco conosciuta, anche per la riservatezza con cui Toni ha voluto sempre circondarla, ma è da sempre una dimostrazione di una grande sensibilità e generosità, ancor più degna di nota quando si manifesta nelle situazioni drammatiche, teatri del suo lavoro di corrispondente di guerra.

È il 1992. Un piccolo bosniaco di nove mesi, al quale è stata amputata la gamba destra, è trasportato in auto da Sarajevo a Trieste clandestinamente, da Toni e da un’altra giornalista italiana, ai quali era stato affidato dal padre. Era stato colpito da una bomba che aveva ucciso la madre. «Noi abbiamo deciso di portare via il piccolo – raccontò allora Capuozzo – e per attraversare i vari posti di blocco, si decise di nasconderlo, avvolgendolo, in un giubbotto anti-proiettile. Pioveva molto a Sarajevo quando siamo partiti, i miliziani serbi non hanno potuto vedere all’interno della vettura. Un giornalista del New York Times ci precedeva ai posti di blocco, tenendosi in contatto con noi attraverso un telefono satellitare».

In Italia al piccolo sarà applicata una protesi, arriverà a Udine, ospite della famiglia di Toni che in un’intervista dichiarò «di avere, da quel momento, due figli e mezzo» considerato l’affetto con cui poi seguì le varie fasi della crescita, con le relative, successive operazioni, cui il bambino venne sottoposto.
Resterà da noi fino all’età di cinque anni, frequenterà l’asilo. Ma arriverà anche la decisione del giudice italiano: dovrà fare rientro in Bosnia. Per Kemal, comunque, si prospetta una nuova vita.

Ma il destino sembra volersi accanire contro di lui: due anni fa la scoperta di un tumore, un linfonodo che ora minaccia un rene; l’operazione è urgente. La settimana scorsa la notizia che a Sarajevo non si può fare. «Si sono arresi – raccontava su internet il giornalista –, ma per le condizioni, non perché non c’è speranza. Qui negli ospedali mancano persino i guanti usa e getta. Però c’è fretta, i medici hanno detto che l’operazione va fatta entro un mese, come dimostra il dolore al rene».

«Quella di cui lui avrebbe necessità è un’operazione complessa, ma si deve e si può fare. Kémal è stato visitato anche al Cro di Aviano, un anno e mezzo fa, dove mi confermarono – scriveva Toni – che la strada intrapresa dai medici in Bosnia era quella giusta».

Non è, però, possibile operarlo in Italia se la Bosnia non assume l’impegnativa per le spese, in convenzione: niente da fare. Il problema dunque è quello della copertura sanitaria, che può essere autorizzata solo dal Ministero della Salute, degli Esteri o da una Regione.

L’appello di Capuozzo non cade nel vuoto: sul suo profilo scatta la solidarietà e le richieste di come muoversi si accavallano, le disponibilità si aggiungono ai consigli, ma la corsa è contro il tempo e la burocrazia. Ed ecco la risposta più attesa, con un twitter del ministro della sanità, Beatrice Lorenzini che annuncia: «Raccolgo l’appello, ho chiesto agli uffici di mobilitarsi per aiutare Kémal, un abbraccio a lui e a chi lo sostiene». Si muove l’assessore regionale Telesca. Da New York, dove partecipa ad un convegno, il professor Maurizio Mascarin, responsabile del Dipartimento di Oncologia Radioterapica, telefona a Capuozzo, confermando che al suo rientro, già lunedì potrà visitare Kemal ad Aviano.



In auto Toni e Kemal sono in vivavoce. Saluto quel timido ragazzino che ho visto tanti anni fa e che ora, nelle foto di Facebook, appare come un uomo fatto e pronto a lottare contro la malattia. Toni è contento: «Ci sarebbero migliaia di persone da aiutare – sottolinea –, ma spesso ci dimentichiamo che è fattibile raggiungere un piccolo obiettivo, se ci impegniamo a raggiungerlo».


E la speranza riappare nell’immagine, postata da Kemal in cui ostenta una t-shirt con la scritta «Fottiti tumore, sono io la bestia». «O, più educatamente – aggiunge Toni –: “Tumore sei tu a dover avere paura di me”. Il Friuli vi attende entrambi.

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