San Daniele, riaprono le antiche carceri per ospitare i prosciutti

Si inaugura la sede del Consorzio in via Ippolito Nievo. Lo storico edificio dopo essere stato una prigione ha accolto anche un ristorante

SAN DANIELE. Sarà inaugurata oggi alle 12 la nuova, prestigiosa sede del Consorzio del Prosciutto di San Daniele. Lasciato il “moderno” palazzo di via Umberto I, da un paio di mesi il Consorzio che tutela il re dei prosciutti si è spostato nella nuova sede di proprietà, in via Ippolito Nievo 19, in quella che un tempo era la prigione della città.

Un restauro milionario quello attuato dal Consorzio che ha riportato all’antico splendore un pezzo di storia della cittadina collinare.

A tenere a battesimo la nuova sede, composta non solo da uffici ma, secondo quanto annunciato all’inaugurazione dell’ultima edizione di Aria di Friuli Venezia Giulia, anche da un elegante showroom, assieme ad autorità civili, religiose e militari e ai soci del Consorzio, presidente e direttore generale dell’ente, rispettivamente, Giuseppe Villani e Mario Emilio Cichetti.

Come detto un palazzo completamente rinnovato ma assolutamente storico quello in cui ha oggi sede il Consorzio, come confermato da alcuni carteggi contenuti nell’Archivio storico del Comune.Della nuova sede fa parte anche l’edificio annesso, non compreso inizialmente nell’operazione ma che, successivamente il Consorzio ha deciso di acquistare e annettere per rendere più consona la nuova sede.

L’amministrazione napoleonica, nella generale ventata di novità amministrative che si prefisse di realizzare in tutti i territori dell’Impero, impose anche alla Comunità di San Daniele l’istituzionalizzazione di nuove carceri mandamentali che fossero adatte ai nuovi “Distretti” o “Mandamenti”.

Le vecchie carceri situate negli spazi sottostanti la Biblioteca Guarneriana ora adibiti agli uffici della Pro Loco, non bastavano più. Come riferisce lo storico Angelo Floramo, a partire dal 1810 dunque, anno in cui entrò in vigore la riforma giudiziaria e penale, l’amministrazione si vide costretta a ricercare spazi più idonei, identificandoli nel preesistente edificio posto alla fine di “Calle Varneria”.

Le nuove carceri, dette appunto “della Fratta”, furono in seguito assunte anche dall’amministrazione asburgica quando nel 1815 la situazione politica venne normalizzata in tutta Europa alla fine del Congresso di Vienna (1814-1815).

La costruzione delle nuove carceri implicò anche una notevole revisione dell’assetto urbano di San Daniele, per molti aspetti ancora fortemente connotato da una topografia medievale, in cui l’alternanza di orti, strade, zone incolte e abitazioni poteva facilitare situazioni critiche. Già dal 1824 infatti si aprì un contenzioso con la famiglia Mecchia, proprietaria dei terreni antistanti, per l’otturazione di una fossa che bordeggiava le mura della prigione.

Si trattava con ogni evidenza di un antico “sfuei”, ovvero uno stagno naturale alimentato da acque sorgive, utile ma anche fonte di miasmi e pericoloso focolaio di febbri malariche. La sanificazione del sito si rese necessaria per le reiterate lamentele dei carcerati.

La destinazione a carceririmase fino a pochi anni dal sisma del 1976: in questi spazi finirono imprigionati personaggi di diverso profilo, spesso provenienti da ceti subalterni prostrati dalla miseria. Negli anni ’80 le carceri ospitarono un omonimo ristorante, poi, chiusa quell’attività, il palazzo rimase inutilizzato fino all’acquisto da parte del Consorzio.

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