Ristorante Moderno, crisi post Covid fatale: chiude il ristorante che ha ospitato premi Nobel e capi di Stato

PORDENONE. Crostaceo cotto a vapore con polpa condita e tagliata a pezzettini, baccalà mantecato, polentina e schie di laguna, risotto al rosmarino con calamaretti. E poi filetto di San Pietro con zucchine, patate di Ovoledo glassate, tagliate a libro e cosparse di burro. Chiusura con torta di mele antiche coltivate in Pedemontana, tra Fanna e Maniago.
Correva il mese di febbraio 2005. Dal grande tavolo della saletta riservata il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi si alzò soddisfatto e strinse la mano ad Angelo Baldi e al suo staff, che all’epoca gestivano il ristorante.
Fast forward, luglio 2020. Un cliente telefona per prenotare. Il numero è staccato. Riprova con l’hotel: «Posso riservare un tavolo per pranzo? Non riesco a parlare con lo staff del locale». «Ci dispiace, il ristorante ha chiuso. Stiamo lavorando per riaprirlo appena possibile. Sa, è sempre stata una delle nostre eccellenze». Sì, sappiamo...
Quante ne hanno viste, i muri del Moderno, al 51 di viale Martelli. Capi di Stato (dopo Ciampi, Napolitano), stelle della musica e dello spettacolo, manager senza scrupoli, perfino storici incontri fra premi Nobel.
Il Moderno. Un ristorante che a Pordenone ha sempre significato l’eccellenza da un lato e la tradizione dall’altro. Le autorità in visita, ma anche i pranzi e le cene di famiglia, le occasioni che contavano davvero, dopo la messa della domenica e nelle giornate speciali, quando si rinsaldavano i rapporti o si festeggiavano i successi.
E ora un nuovo salto nel buio, per il locale inaugurato nel 1943 ed entrato definitivamente nei cuori dei pordenonesi con la gestione di Angelo Baldi, dal 1999 a fine 2017.
Angelo continuò a fare quello che sapeva fare meglio all’Eurohotel di Maniago. In viale Martelli, invece, dopo dieci mesi di interruzione dell’attività, Gianpiero Zanolin, uno dei soci proprietari, annunciò il restyling del locale e la ripartenza.
Era l’ottobre 2018. Al timone lo chef Mirko Naibo, che proprio al Moderno aveva cominciato, diciassettenne, il suo percorso. Una stagione soltanto, prima di tornare, tanti anni dopo, da titolare. Insieme a lui, apprezzato e collaudato punto di riferimento dell’Osteria Borgo Ronche a Fontanafredda, la compagna Enrica Ros e uno staff di una ventina di persone. Le stesse con cui, da qualche giorno, la proprietà ha definito le ultime pendenze, mettendo nero su bianco l’interruzione del rapporto di lavoro, a nemmeno due anni dall’inaugurazione.
Sulla qualità della cucina di Naibo non si discute. A pesare sono stati l’emergenza Covid 19, con il lockdown, la forzata sospensione dell’attività e alcuni nodi venuti al pettine, come l’interruzione dello storico rapporto settimanale con alcuni club e associazioni e una scelta d’assoluta eccellenza, non facile da sostenere in un’epoca di portafogli semivuoti.
Ora, però, è già tempo di nuovi orizzonti. La proprietà si sta guardando intorno e ha avviato le prime trattative. Lo chef Naibo, che ha voluto mantenere aperti fino all’ultimo entrambi i locali, a Pordenone e Fontanafredda, con un grandissimo dispendio di energie, continua a deliziare i suoi clienti a Borgo Ronche.
A tutti loro, e prima ancora ai pordenonesi, auguriamo un futuro migliore. E Moderno, in tutti i sensi. Mai come ora, se ne sente il bisogno. —
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