Riabilitazione post ictus, fuga dalla provincia

Nives Bortolussi lancia l’allarme: «Il 56% dei pazienti si rivolge a strutture di fuori»

Il 56% dei pazienti del Friuli occidentale di Pordenone che hanno bisogno di riabilitazione dopo la fase acuta di una malattia neurologica, sono costretti a rivolgersi a strutture fuori provincia». E’ un dato che, da solo, dice già tutto sulla insufficienza delle strutture provinciali in questo settore. «La riabilitazione - spiega Nives Bortolossi, presidente dell’associazione Ictus - è particolarmente importante per le persone che sono state colpite da ictus, una malattia che costituisce la prima causa di disabilità nella nostra società». E sono circa 800 le persone che, ogni anno, subiscono un attacco di ictus in questa provincia.

Dopo la battaglia, proseguita per anni e conclusasi con successo, sull’attivazione della stroke unit al Santa Maria degli Angeli, ovvero il centro specializzato per la cura dell’ictus che si occupa del trattamento intensivo di questi pazienti, l’associazione è pronta a proseguire con un’altra: quella per ottenere un centro specializzato di riabilitazione di riferimento provinciale.

Questo perché «se la cura della malattia costituisce un momento indispensabile nel percorso di guarigione, non si può dimenticare che non è sufficiente. E’ altrettanto indispensabile la riabilitazione, che consente al malato di sfruttare al meglio tutte le abilità residue dopo l'evento. Ebbene - prosegue Bortolossi -, troppo spesso ancor oggi le famiglie dei malati sono costrette a risolvere questo problema sulla base delle conoscenze personali, al di fuori di un preciso circuito istituzionale. Chiediamo una vera continuità assistenziale e riabilitativa al quale il paziente e la famiglia possano rivolgersi per ottenere l’assistenza necessaria. Sono quattro e cruciali gli aspetti della riabilitazione necessaria alle persone colpite da ictus: la logopedia, e assistiamo all’assenza di queste figure professionali sul territorio, la riabilitazione motoria e neurologica, la riabilitazione occupazionale e quella cognitiva. Su questo chiediamo si apra un confronto che punti ad affrontare il problema ictus in tutti suoi aspetti, compreso quello riabilitativo. E’ certamente un problema di risorse - conclude Bortolossi - ma è anche un problema culturale. Si continua a dibattere sull’ospedale nuovo o ristrutturato, poco si parla di prevenzione, riabilitazione, assistenza domiciliare. Chiediamo che Sacile diventi il polo provinciale della riabilitazione, come lo è il Gervasutta per Udine o Motta di Livenza per Treviso». E a sostegno di questa nuova battaglia, l’associazione è pronta a scendere in campo con una serie di iniziative in grado di sensibilizzare la popolazione e le istituzioni». (e.d.g.)

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