Reati fiscali: processo da rifare per i vip

Tutto da rifare nel processo che vede il gotha dell’imprenditoria friulana a giudizio per reati fiscali. Il giudice del tribunale di Udine, Mauro Qualizza, nell’udienza di ieri ha dichiarato la nullità del decreto di rinvio a giudizio del 9 maggio scorso e ha ordinato la trasmissione degli atti al giudice per le indagini preliminari.
Imputati sono il presidente di Confindustria regionale Alessandro Calligaris, insieme al direttore amministrativo della sua azienda, la “Calligaris spa” di Manzano , Pietro Paolo Santini (difesi da Giuseppe Campeis), Antonio Maria Bardelli, presidente della “Finanziaria Bardelli spa” di Martignacco (avvocato Giovanni Paolo Businello), Carletto Tonutti della “Tonutti spa - Industria macchine agricole” di Remanzacco, Elio Beltrame della “Centro commerciale Discount srl” di Pozzuolo e Lucio Fusaro della “Gvf Givieffe spa” di Milano, oltre al commercialista Gianattilio Usoni, loro consulente contabile e finanziario (tutti difesi dall’avvocato Maurizio Miculan). E, ancora, altri due industriali, i fratelli Andrea e Daniele Specogna della “Specogna & Figli spa” di Cividale (pure difesi da Miculan), e il loro commercialista, Claudio Gottardo, chiamato a rispondere pure come presidente del consiglio sindacale della Calligaris spa (avvocato Luca Ponti). Infine Stefano Botti, rappresentante legale della società di consulenza milanese, la Scf (Piermaria Corso e Angela Monti).
Frutto della riunione di due distinti fascicoli coordinati l’uno dal procuratore aggiunto Raffaele Tito e, l’altro dal sostituto Lucia Terzariol, il procedimento in origine ruotava attorno all’ipotesi della violazione concorsuale dell’articolo 2 del Decreto legislativo 74 del 2000, in relazione a due tipologie di operazioni: a Calligaris, Bardelli, Beltrame e ai due Specogna venivano attribuiti falsi contratti di “stock lending”, a Tonutti e Fusaro venivano attribuiti falsi contratti di finanziamento triennale con clausola di “reverse convertible”. Obiettivo comune, sempre secondo l’accusa, l’indicazione nel modello unico (dal 2004 al 2007) di elementi passivi a essi connessi, al fine di trarne vantaggi sul piano fiscale. Sommate tra loro, le operazioni avrebbero permesso di non pagare imposte per quasi 5 milioni di euro.
Nel decreto, il Gup aveva riqualificato il reato dall’ipotesi di dichiarazione fraudolenta contestata dalla Procura, in quella meno grave della dichiarazione infedele (articolo 4). E con questa accusa gli imputati erano stati rinviati a giudizio. Determinante in questo senso era stato il pronunciamento dalla Corte di Cassazione sulla rilevanza penale dell’elusione fiscale che ha ribaltato la sentenza di non luogo a procedere a suo tempo decisa dal gup di Milano nei confronti degli stilisti Dolce e Gabbana.
Nella prima udienza del processo tutti gli avvocati difensori avevano sollevato delle eccezioni per una presunta violazione del diritto di difesa, lamentando di essere stati rinviati a giudizio per un reato diverso da quello che originariamente era stato contestato e di non essere quindi stati messi nelle condizioni di organizzare una linea difensiva coerente alle nuove accuse contestate.
Da qui la contestazione delle difese che avevano eccepito la nullità del decreto per violazione del diritto all’intervento, assistenza e rappresentanza dell’imputato e mancato esercizio del contraddittorio. Una seconda eccezione riguardava la forma del decreto definita, sempre dalle difese, sovrabbondante e contraddittoria.
Con la decisione del giudice che ha accolto le eccezioni, il processo ai vip dell’imprenditoria friulana ora riparte da zero. Se tutto va bene ci metterà un anno a riapprodare in aula di dibattimento. Intanto per metà dei capi d’imputazione potrebbe intervenire la prescrizione.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
LEGGI SUL SITO
E COMMENTA
www.messaggeroveneto.it
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto