Quei sette nani più uno nella piazza incompiuta

Strana, misteriosa città di Udine, che non finisce mai di stupire, nemmeno nelle cose più ovvie e semplici.
Stavolta a far discutere sono le statue “lignee” (sono realizzate con una resina particolare, resistente agli urti e agli agenti atmosferici) di Franco Maschio spuntate – come sette nani più uno – in piazza Primo Maggio per addobbare e completare il parcheggione underground.
Evento inatteso e sorprendente, anche perché è scaturito addirittura da un concorso, il che fa nascere la curiosità di sapere chi vi abbia partecipato e in quale numero.
Resta il fatto che adesso entrano nello scenario urbano queste protagoniste, non propriamente in linea con l’esistente e con lo spirito del luogo. Più facile immaginare opere simili in un Comune ameno di mezza montagna, quale annuncio del mondo che sta oltre fra vette alpine e dolomitiche. Qui, invece, siamo ai piedi del singolare colle udinese, nella piazza più irrisolta e incompiuta, oggetto da sempre di studi, progetti, elucubrazioni varie senza mai giungere a un esito efficace e condiviso.
Tutto sommato la zona aveva trovato una sua vocazione paesaggistica al tempo dei patriarchi quando il terreno paludoso aveva formato un laghetto, decantato addirittura dal Boccaccio nel suo Decamerone.
In epoche più recenti, esattamente a fine Settecento, spuntò l’idea di creare una sorta di gemello del Prato della Valle padovano con statue e percorsi vari, ma l’eccesso nei costi mandò tutto in naftalina. Triste epilogo anche per quelli che si sono cimentati in seguito, compreso il grande architetto Gino Valle che aveva lo studio proprio lì, a due passi.
Speranze e ambizioni di secoli ci hanno dunque condotto al magro risultato attuale, con le spaesate sculture in legno tra le architetture altrettanto sperdute del parcheggio, il tutto alle spalle del palazzo Antonini, il più bello di Udine, chiuso ormai dal 2009 e in attesa di un destino. Così, a poca distanza, possiamo trovare i due volti della stessa complicata medaglia, simbolo di una città che quando deve prendere una decisione si fa prendere da ansie, amnesie, valutazioni stravaganti, giusto per animare il dibattito di sempre, quello che continua a lungo in maniera un po’ sterile, avvitandosi su se stesso.
La cosa curiosa è che tutto questo avviene in una città molto parsimoniosa quando si tratta di collocare al proprio interno monumenti, statue o sculture per omaggiare qualcuno o per abbellire. E infatti ce ne sono pochissime, a parte quelle strettamente necessarie, come le due dedicate a Garibaldi e a Vittorio Emanuele II, quest’ultima per la verità nascosta a fine guerra tra il verde nel giardino del vescovo.
Allora stupisce che all’improvviso un panorama statuario ridotto all’essenziale ne adotti ben otto, firmate da Franco Maschio, artista volonteroso e generoso, ma probabilmente con una visione un po’ distante da ciò che si respira abitualmente attorno a Mercatovecchio.
Così una Udine spesso ingenerosa verso gli artisti più coraggiosi e innovativi di qui (tutti più o meno hanno subìto degli ostracismi nella loro carriera, con qualche recupero tardivo) ora apre le porte all’inedito in versione kitsch perché deve addobbare un parcheggio. Già la motivazione in sé rappresenta un limite in tutta la strana operazione.
E allora viene da pensare al comitato cittadino che da anni si batte per collocare in centro una statua, realizzata tutta a sue spese, per ricordare Renzo Valente, lo scrittore che meglio ha interpretato l’anima e i sentimenti di Udine. In quel caso mille dubbi e perplessità per dire no, oltre ogni ragionevolezza.
Singolare città davvero, ma è un problema di oggi e di sempre. Altro piccolo esempio.
In passato molto si è demolito e maciullato per lasciare spazio al nuovo. Ne hanno fatto le spese tante ville Liberty di inizio Novecento. In una Udine che ha tanto cancellato sbadatamente, restano poi in piedi simulacri non esaltanti come l’ex Upim, l’ex Frigorifero, villa Toppani in viale Trieste. Misteriosa città davvero, dove adesso sono atterrati anche i sette nani più uno.
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