Quattromila romeni in Friuli: «Non siamo delinquenti»
La reazione della portavoce della comunità, Daria Iordache, dopo la drammatica aggressione di Roma
La violenza e il crimine non hanno nazionalità. Ma dopo che un romeno ha violentato e picchiato una donna di 47 anni a Roma, morta ieri a 48 ore dall’aggressione, anche la comunità di romeni residenti in Friuli (circa 4 mila secondo aggiornate stime della questura, più o meno il doppio rispetto a due anni fa), s’interroga e condanna con fermezza quest’azione definita «folle e bestiale». E se gli investigatori udinesi rassicurano («in provincia – sottolinea infatti il dirigente di polizia Ezio Gaetano, responsabile della Squadra mobile e della Volanti – non c’è alcun allarme sicurezza legato in particolare ai romeni») , la portavoce della comunità, Daria Iordache, 54 anni, madre di famiglia che da 34 anni vive in Friuli, non fa sconti: «Siamo tutti sotto choc per questo gesto di una brutalità inaudita. Solo uno squilibrato può averlo pensato e messo in pratica. Ci dispiace infinitamente per la signora. Ora deve intervenire la legge, perchè altrimenti uno sconsiderato finirà per gettare nel fango un’intera popolazione, ma non siamo tutti delinquenti». All’inizio di quest’anno la Romania (insieme alla Bulgaria) è entrata a far parte della Comunità Europea e l’apertura delle frontiere, inevitabilmente, ha fatto aumentare il numero di immigrati in Italia e, in special modo, in Friuli, prima porta a Est per chi vuol entrare nel nostro Paese. La comunità romena è sempre stata una delle più numerose tra quelle residenti in provincia. E, anche a Udine, ormai si superano le 1.500 unità. Le cifre diventano sempre più rilevanti, anno dopo anno. Nel 2003 erano circa 550 i romeni residenti regolarmente a Udine. Un paio di anni fa circa 900 in città e 2 mila in tutto il Friuli. Alla fine del 2006, sempre in provincia, avevano sorpassato quota 3 mila. E, dall’inizio dell’anno, la crescita si stima in circa mille persone. Il flusso Romania-Friuli si è particolarmente intensificato, come spiega Antonio Ponzi, capo del settore immigrazione della questura, «è divenuto ancora più consistente dopo il 10 aprile 2007. Quel giorno, infatti, è entrato in vigore il decreto legislativo 30 che impone ai romeni come unico obbligo quello di iscriversi all’Anagrafe del Comune in cui intendono dimorare abitualmente. Prima di quella data, invece, dovevano richiedere il permesso di soggiorno per cittadini comunitari». I romeni trovano interessanti sbocchi occupazionali in Friuli, in particolare nel settore siderurgico (nel gruppo Danieli, per esempio lavorano tantissimi ingegneri romeni) e nel distretto manzanese della sedia. Molti altri trovano lavoro come operai specializzati nell’edilizia e nell’artigianato. Le donne, invece, trovano impiego come infermiere, collaboratrici domestiche, baby-sitter e cameriere, ma anche come mediatrici linguistiche e culturali. Sanno parlare l’italiano perfettamente e conoscono bene le nostre tradizioni. Per molti romeni, poi, Udine è spesso la seconda meta del loro percorso migratorio. Provengono, infatti, soprattutto da Roma e Milano, dove hanno trascorso in media dai 5 ai 10 anni, accettando qualsiasi lavoro pur di restare in Italia. Dal punto di vista della criminalità, anche i romeni fanno la loro parte, visto che sono attivi nei settori più disparati, dalla prostituzione al traffico di auto. Secondo la questura, comunque, si tratta di delinquenza fisiologica e non preoccupante». «I romeni che abitano i Friuli – spiega Gaetano – non si sono evidenziati per aver commesso reati particolarmente gravi. Certo – aggiunge – ci sono diversi casi di furti, lesioni, carte bancomat clonate (attività in cui sono veri esperti). Ma non si registrano rapine o altri fatti gravi». Sono significativi, tuttavia, i dati sulle sulle espulsioni: su 1.500 stranieri allontanati l’anno scorso 470 erano romeni.
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