«Prossimi dieci anni garantiti, poi chissà»
PORDENONE. Enti, società di gestione e istituzioni non sono chiamati solo a risolvere un’ emergenza. Ma sono chiamati a programmare soluzioni di lungo periodo per garantire un bene prezioso qual è l’acqua pubblica.
E’ quanto emerge anche dalla relazione che la Consulta d’ambito dell’Ato occidentale – l’organo che determina le politiche territoriali in materia di acqua – ha depositato in quarta commissione regionale, in occasione dell’audizione di lunedì.
Oltre a ricostruire le tappe che hanno portato, a partire da marzo di quest’anno, a un monitoraggio congiunto da parte delle società di gestione «al fine di consolidare e verificare la solidità dei dati analitici con riguardo alla contaminazione degli acquiferi profondi per la presenza del metabolita Dact», la relazione mette in evidenza che Roveredo sembra aver risolto gran parte dei problemi grazie a un potabilizzatore a carboni attivi e che questa strada può essere seguita anche nelle altre aree a maggior criticità. In cima alla lista Pordenone.
«In molti pozzi dell’Ato (ndr ambito territoriale ottimale) occidentale – scrive il direttore Marcello Delben – risultano presenti tracce della Dact. In caso di innalzamento dei valori verrà eseguita, se possibile, la suddetta procedura di analisi preventiva degli acquiferi profondi e in subordine sarà disposta la realizzazione di potabilizzatori a carboni attivi».
Ma il tecnico dell’Ato non si limita a trattare la via per superare l’emergenza e indica una prospettiva che richiede un impegno non solo delle società di gestione del servizio idrico integrato.
«Si ritiene comunque – si legge nella relazione dell’Ato – che, terminata la fase acuta dell’emergenza, vi sia un arco di tempo di “sicurezza” di dieci anni. Successivamente la destra Tagliamento dovrà disporre di una o più aree strategiche di approvvigionamento idrico».
Su questo le società stanno già ragionando, anche perché dieci anni, in questo ambito, sono un arco temporale piuttosto ristretto e, anche nella programmazione di investimenti, le società devono tenere conto di questa spada di Damocle.
«Le ipotesi condivise coi gestori – scrive sempre il direttore dell’Ato –, individuano due possibili fonti di approvvigionamento strategiche: il torrente Arzino con il potenziamento e l’estensione dell’acquedotto in destra Tagliamento (Adt o acquedotto della val D’Arzino) e il torrente Cellina con eventuale potabilizzazione a valle nella zona di Malnisio (Montereale Valcellina)».
Le società, come per altro già evidenziato da Sistema Ambiente, non sono in grado – e anche su questo e sul loro livello dimensionale la politica è chiamata a ragionare – di farsi carico di investimenti e carichi di lavoro oltre una certa dimensione.
Da parte della direzione della Consulta d’ambito arriva quindi un suggerimento che è chiaramente un auspicio: «Si ritiene opportuno – chiude il documento di Delben – che la Regione effettui un approfondito studio di fattibilità per entrambe le soluzioni al fine di valutare tutti gli aspetti insiti nella dichiarazione finale di fonte strategica necessaria per procedere alla programmazione di lungo periodo e per salvaguadarne fino d’ora l’uso per fini civili».
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