Propordenone verso i 70 anni «Siamo i custodi della città»

Il sodalizio condusse battaglie culturali, ma anche in campo urbanistico e sociale «Il territorio ex Provincia non si frammenti: non solo il Fvg, c’è anche il Veneto»
La Propordenone si accinge a festeggiare i settant’anni di fondazione. Era nata spontaneamente nel 1947, per volontà di un gruppo di pordenonesi amanti della propria città, ufficializzata con atto notarile nel 1949. Dal 12 dicembre al 2019 (quando si chiuderà con un grande concerto al Verdi) si svolgeranno una serie di eventi celebrativi: martedì si parte con la messa in cattedrale alle 17.30, un’ora dopo la celebrazione ufficiale in sala consiliare e la consegna degli attestati in memoria di alcuni benemeriti. Ma il comitato per il settantesimo – guidato dal presidente attuale Giuseppe Pedicini e dall’emerito Alvaro Cardin – ha in programma un cortometraggio sull’orgoglio industriale pordenonese (dai cotonifici alle ceramiche, dalla Zanussi alla Palazzetti sino alla Cimolai), un concertone con Coro e orchestra San Marco, altre iniziative con la scuola di musica Pietro Edo, una rappresentazione del gruppo teatrale, pubblicazioni sulle tradizioni popolari e un convegno con l’istituto nazionale di statistica sul futuro di Pordenone e della sua “ex” provincia. Perché la Propordenone non intende mettere sotto il tappeto un territorio, quello del Friuli occidentale, che si riconosce in quella che fu la Provincia. «Abbiamo intenzione di riconsiderare il ruolo del Portogruarese perché la nostra unità territoriale deve essere preservata. Non ci stiamo a un territorio a spicchi. Come verremo identificati? Allo stato attuale siamo “orfani”, ma come Friuli Venezia Giulia non possiamo essere rappresentanti dagli amici di Trieste. Prima di furono gli illiri, poi i veneti e poi i friulani – ha scandito Cardin –. Piaccia o no, per la gente è fondamentale riconoscersi in un territorio. Dalla sede della Propordenone partì la raccolta firme per l’Università del Friuli di cui tutti dovevano beneficiare e il cui fondatore era di San Giorgio della Richinvelda». Il prossimo numero de La Loggia, inoltre, sarà dedicato all’assetto amministrativo di questo territorio e a colui che contribuì a darlo, Leo Gerolami, deputato alla Costituente. Il messaggio è chiaro: Pordenone intende restare “autonoma” e non rinuncia alle sue peculiarità, Uti o no.


Ora, però, la Propordenone rievoca il passato, preserva le tradizioni, progetta il futuro in un contesto sociale radicalmente mutato.


«La Pro – è andato indietro nel tempo Alvaro Cardin, “custode della pordenonesità” – fu un atto di amore verso la città, voluta da un gruppo di pordenonesi che auspicavano lo sviluppo industriale e sociale di Pordenone». I primi incontri all’ex albergo Coran, poi alla Catina, alla Società operaia e in centro storico. «All’epoca partirono tante iniziative, dalla Campionaria in avanti». Ecco, dunque, la riscoperta della Bossina, la “Porta Trevigiana” con la prima pubblicazione in dialetto, le poesie ieri di Ettore Busetto oggi di Massimo Buset. «Ma venne riproposto anche il nobile interrompimento costruito con tubi Innocenti rivestiti di liuta, poi ripreso dall’Unione artigiani con Maurizio Lucchetta».


Facevano riferimento alla Pro otto commissioni, tra cui quella urbanistica, «che si impegnò per la tutela del centro storico». Siamo agli anni Settanta, fiorenti: Ponte Marchi «è il risultato di una nostra provocazione. Grazie al Genio pontieri di Motta di Livenza costruimmo un ponte di barche, per dire che ne serviva uno alternativo». Ancora, la musica, le visite alle realtà turistiche e industriali grazie a Primo Morettin, il rilancio del processo e rogo della Vecia (indimenticabile la voce di Angela Polese), col libretto e le vignette di Marina Pitter, «e le prove nella taverna dei Marcolin», la festa di santa Lucia, il Gruppo teatro Pordenone animato da Luciano Rocco di cui ha preso il nome, la Gerla d’argento che valorizzava la poesia, il Ceppo d’oro legato alla narrativa, la Loggia, rivista culturale di inediti, la pubblicazione di libri di storia e cultura locale, la stagione concertistica che diede il contributo di avvio all’Associazione per la prosa, la scuola di danza, il mercatino dell’antiquariato, i convegni nazionali organizzati con i non vedenti, quelli con la Dante Alighieri, la valorizzazione di Antonio de’ Sacchis. Quindi il Premio San Marco, col Comune, istituito nel 1972 e le Stelle di Natale. «Fu anche istituita la festa della contrada, in corso Vittorio Emanuele. I commercianti proposero di estenderla a tutto il centro e prese il nome di Incontriamoci». Insomma, «dalla Pro sono scaturite tante idee e iniziative, che poi hanno camminato con le proprie gambe».


Nel 1947 mancava tutto, oggi le associazioni sono molte. «C’è molto individualismo, specie in campo artistico, ma noi lavoriamo per l’unità. Pensiamo solo alla Festa sul Nonsel: ce n’erano due, oggi trenta sodalizi lavorano insieme. Dopo i Magredi e il Noncello il workshop della fotografia si occuperà della città.


E la Pietro Edo: Pordenone conta otto scuole, spesso gemmate da questa». Che ha sede a Villa Cattaneo: «Siamo centro di alta specializzazione – ha detto Giuseppe Pedicini – e qui vengono ragazzi da tutta Europa per seguire masterclass con artisti di fama. Bisognerà decidere una volta per tutte cosa fare di quella villa, nata come istituto musicale».


©RIPRODUZIONE RISERVATA


Riproduzione riservata © Messaggero Veneto