Preti anziani, mancano strutture

Servizi «forse meno visibili, ma pur sempre necessari»: l’incontro con la gente, la celebrazione dei sacramenti, la visita ai malati. La terza età vissuta in maniera dignitosa: in canonica, nella propria abitazione con i familiari, in strutture religiose. L’età media del clero aumenta e la diocesi di Concordia-Pordenone studia come fare fronte alle necessità dei sacerdoti anziani. Nel prossimo decennio servono almeno trenta posti.
“Il ministero e la vita del presbitero anziano” è la sintesi dell’itinerario di riflessione che il vescovo, monsignor Giuseppe Pellegrini, ha proposto nel 2012 al consiglio presbiteriale per individuare le soluzioni alle esigenze abitative e assistenziali, «più generalmente umane», dei sacerdoti anziani. Sono, premette il documento, «un dono per la Chiesa e per il mondo». Non un peso, anzi, un valore aggiunto che permette di svolgere tutti quei servizi che i sacerdoti “in servizio” non sono in grado di assicurare con continuità: l’incontro e l’ascolto con e della gente, la celebrazione dei sacramenti, in particolare quello della confessione, la visita ai malati.
Al compimento dei 75 anni di età ogni parroco «è invitato a presentare la rinuncia» al vescovo. Per le parrocchie (o gruppo) che superano i tremila abitanti la rinuncia viene subito accettata, pur rimanendo il parroco fino al termine dell’anno pastorale (estate successiva). Dopo ottiene un altro incarico «fino a quando è in grado di esercitarlo» e comunque non oltre gli 80 anni. Per le parrocchie sotto i tremila abitanti le dimissioni vanno comunque date, ma «se il parroco lo desidera, se la comunità è contenta e se la parrocchia non rienra tra quelle da riorganizzare, può restare fino agli 80 anni.
Dove va il prete anziano? «L’esperienza condivisa da molti – recita il documento – dice che a fronte di vantaggi derivanti dalla residenza nella parrocchia dove si è esercitato il ministero (la conoscenza delle persone e la sicurezza del vivere in un ambiente favorevole), vi sono degli svantaggi come le fatiche della persona a lasciare ad un altro la guida e le decisioni», così come le difficoltà di convivenza con chi subentra.
A quel punto il parroco emerito ha quattro possibilità: risiedere in una struttura messa a disposizione dalla parrocchia; abitare in casa propria o con i familiari; vivere in strutture che richiedono la presenza di un sacerdote; collocarsi in alloggi «dignitosi» per il clero anziano, ovvero Madonna Pellegrina, seminario e Casa Betania. Per i non autosufficienti è a disposizione la casa del clero di San Vito al Tagliamento che conta 17 posti, ma a breve la diocesi conta di ottenerne altri cinque dalla casa di riposo parrocchiale. «Con 22 posti immaginiamo di poter affrontare con una certa serenità il futuro».
Il documento propone come «soluzione migliore» la residenza in famiglia, ma suggerisce anche alternative. Casa Betania ospita cinque preti e ne potrebbe accogliere altri sette. Casa Madonna Pellegrina dispone di 14 mini appartamenti e per potenziare i posti «occorrerebbe mettere in atto alcuni lavori di adattamento». Con il trasferimento dei seminaristi e degli educatori nella nuova ala, il corpo centrale del seminario «può mettere a disposizione un numero elevato di mini appartamenti». La Madonna Pellegrina e il seminario «non sembra possano potenziare l’offerta residenziale». La diocesi dovrà prendere «decisioni importanti» entro 12 mesi.
Nei prossimi 10-15 anni, conclude il documento, «la diocesi dovrà mettere a disposizione per i presbiteri anziani autosufficienti tra i 20 e i 30 posti, con i servizi assistenziali relativi, utilizzando e qualificando le strutture già esistenti».
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