Polesello e la geometria che può salvare il mondo

PALMANOVA Quello che sulla carta poteva sembrare un abbinamento casuale e non particolarmente attrattivo - una mostra e una tavola rotonda dedicate a Gianugo Polesello maestro dell’indecifrabile. Auto-ritratti veneziani - da realizzare a Palmanova, ha offerto invece la piacevole sorpresa di una scelta azzeccata, che va attribuita in primis all’architettura, quella della città ospitante, oltre a quella dell’edificio dove fino al 30 giugno è aperta la mostra, la polveriera napoleonica di contrada Garzoni, ma anche, è ovvio, all’opera di Polesello. Organizzata dall’Ordine degli Architetti di Udine e dall’Università di Venezia in collaborazione con il comune di Palmanova e l’ateneo udinese in occasione del decennale del corso di laurea in Architettura, la mostra arriva in regione dopo le tappe di Venezia e Milano.
Quell’aggettivo "indecifrabile" che Aldo Rossi vergò sulla copertina del catalogo della sua mostra tenuta a Zurigo nel 1972 come dedica a Gianugo Polesello, qualificandosi come “compagno di lavoro”, è una importante chiave di comprensione di questo riuscito incontro fra città e architetto. Palmanova, infatti, possiede una tensione utopista e una sostanza geometrica che nelle opere di Polesello hanno trovato una rispondenza immediata.
L’indecifrabile sta nella profusione di linee, piani, nella scrittura elegante e quasi ideografica dei taccuini (affascinanti), nelle tavole dove si rincorrono solidi che flirtano con gli assi cartesiani, nella romantica convinzione che sarà la geometria a salvarci, realizzando un mondo migliore. Dall’utopia di tanti progetti realizzati sempre con rigorosa impostazione metodologica alla città di Palmanova ideata con forma stellata (quasi a invocare la protezione del cielo contro l’invasore che non sarebbe mai arrivato alle sue porte) è scoccata la scintilla che ha innescato un felice incontro. Sotto la volta a botte (molto romana) della polveriera dove sono stati collocati i tavoli e le bacheche con i materiali della mostra i visitatori si muovevano a proprio agio e per una volta senza timori reverenziali per l’architettura, solitamente difficile da esporre.
Ricorda Antonio Monestiroli che Polesello apprezzava particolarmente un saggio che gli aveva dedicato Massimo Cacciari nel quale diceva una cosa importante, vale a dire la centralità del “vuoto” nel progetto per la città, un “vuoto” al quale l’architetto voleva dare forma «percorrendolo, misurandolo e dandogli un ritmo...». I verbi che Cacciari impiega definiscono un universo di forme dominato dalla geometria che non è quella dei frattali, ma l’antica e classica scienza esatta della filosofia greca, un tentativo di mettere ordine per comprendere. La modernità o meglio la contemporaneità di Polesello si rivela nel disegno di rette e superfici, angoli e proiezioni che sono realizzati senza utilizzo di strumenti di precisione quali squadra e righello: il segno è a suo modo deciso, ma vivo, ogni volta diverso, il rigore si stempera, acquista forza la dimensione del tempo presente che va a infrangersi sugli scogli dell’astrazione ideale. Questa tensione appena percepibile percorre i disegni e le tavole ai quali l’architetto affida la sua utopia di progetto, destinata dall’origine (o per vizio di origine) a un possibile fallimento, come ogni utopia che si rispetti. Ma, come ricordava Pierluigi Grandinetti nel corso del convegno, la lezione di Polesello sta nella convinta adesione al metodo, unica àncora di salvezza alla quale aggrapparsi durante le tempeste, aspettando di approdare in terre dove la misura è dettata dall’armonia della forma. Il parco-giardino a Udine che Claudia Battaino (alla quale va il merito di aver curato la tappa palmarina con Michela Bosco) ha ricordato, è una cartina al tornasole delle difficoltà che incontra l’utopia quando viene calata nella realtà. Ma grazie al tempo, ai writers, agli abitanti del quartiere, all’incontenibile vitalità del verde, oggi finalmente le astrazioni progettate da Polesello per il parco udinese conoscono una seconda giovinezza, manifestando un curioso aspetto di rovina metropolitana rifiorita grazie all’azione di persone che hanno inizialmente criticato, protestato, quindi accettato la difficile scommessa di appropriarsi dell’indecifrabile, dandogli volto e forma, la loro e forse quella che l’architetto aveva sognato.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto