Pochi medici, la Regione richiama i pensionati

UDINE. Richiamare i medici in corsia dalla pensione, in Friuli Venezia Giulia, è già realtà. Fallite le normali vie di reclutamento del personale, dalla mobilità al concorso passando per il tempo determinato, il Burlo Garofolo di Trieste si è infatti affidato, per periodi di tempo limitato e con contratti di lavoro autonomo, a non uno ma tre pensionati. Un anestesista e due ginecologi. Costo orario: 60 euro.
«Davanti a un’emergenza rispondi con soluzioni di emergenza. Questa lo è, dunque ben venga».
A dirlo, ieri, l’assessore regionale alla Salute, Riccardo Riccardi, che in Fvg la “ricetta” Zaia di reclutare i pensionati per coprire temporaneamente i posti delle specialità vacanti l’ha già adottata. «La carenza di medici è un problema anche da noi e si accinge a fare il Veneto utilizzeremo tutte le soluzioni possibili per tamponare la situazione. L’assunzione temporanea di pensionati è una di queste. Una misura transitoria ma efficace a fronteggiare l’emergenza in caso di particolari tipologie professionali non reperibili».
A differenza del Veneto, dove il governatore leghista ha portato in giunta e fatto approvare una delibera che autorizza assunzioni temporanee di medici in pensione per far fronte a una carenza cronica di professionisti che rischia di portare all’interruzione del pubblico servizio, in Fvg non c’è alcun atto politico approvato dall’esecutivo né in procinto d’esserlo. E questo perché la possibilità è già facoltà dei vertici aziendali, prevista da una norma nazionale (la 114/2014 che reca Disposizioni in materia di “incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza”).
«L’abbiamo applicata nel caso del Burlo e ribadisco: se sarà necessario la adotteremo ancora», ha aggiunto Riccardi dicendo dunque sì ai pensionati in corsia. Se servirà garantire temporaneamente la copertura del servizio, le porte degli ospedali potranno quindi riaprirsi e consentire a ex del Ssr il temporaneo ritorno al lavoro.
Via libera a parte, il problema del deficit di medici specialisti è ben più complesso e per Riccardi, come per i sindacati di categoria, richiede soluzioni capaci d’incidere all’origine, lì dove matura la carenza di medici specializzati.
All’incrocio tra corsi di laurea a numero chiuso e borse di specializzazione altrettanto contate. Troppo poche per far fronte alle necessità di un sistema che vedrà nel corso dei prossimi anni andare in quiescenza da qui al 2025 un esercito di medici: ben 52 mila a livello nazionale, su 105 mila complessivi, secondo le stime effettuate recentemente da Anaao, l’associazione medici e dirigenti del sistema sanitario regionale). La Regione di suo ha le mani legate.
«Quel che possiamo fare e abbiamo già fatto l’anno scorso è aumentare le risorse per finanziarie le borse delle specialità, ma non possiamo pensare che questo possa essere un intervento dirimente. Il problema è sì finanziario ma è anche delle facoltà, che hanno disponibilità limitate, bisogna assolutamente che sia rivisto il meccanismo d’accesso alla professione».
Una richiesta che Riccardi aveva già sottoposto mesi addietro al ministro della sanità insieme ai colleghi assessori di Lombardia, Piemonte e Veneto, quest’ultimo poi divenuto sottosegretario al ministero dove la voce delle Regioni e i problemi con cui si trovano a fare i conti sono materia nota.
«Le Regioni stanno facendo sentire tutto il proprio peso», ha ribadito ieri l’assessore consapevole che in questa partita si gioca una parte sostanziale del futuro della sanità regionale.
«È tutta l’impalcatura che va rivista – afferma ancora Riccardi –. Vanno ripensate le soglie di anzianità, perché oggi a 65 anni poi fare ancora il direttore sanitario, rivisti i meccanismi di specializzazione. Dobbiamo garantire al sistema forze nuove, anche per metter subito freno all’importazione di medici dall’estero. Non è accettabile che un Paese come il nostro – conclude – si riduca a dover reclutare professionisti oltre confine».
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