Pistorius dopato a Gemona? I dubbi del suo ex allenatore

Da Vigevano, Andrea Giannini ricorda che dopo l’estate 2010 l’atleta sudafricano lo lasciò Giannini per trasferirsi a Gemona e in un anno scese a 45”07 qualificandosi per i Giochi e passando dal 123esimo al 22esimo posto del ranking mondiale

GEMONA. Un secondo in meno sui 400 in un anno, un miglioramento notevole e necessario per partecipare ai Giochi di Londra, altrimenti avrebbe perso la battaglia per far correre i disabili con i normodati e pure i soldi degli sponsor. Prima di Pechino Oscar Pistorius, allora 22enne, correva i 400 metri in 46”34, ma il minimo per essere in pista alle Olimpiadi è 45’55”. Nel 2010, quando a seguirlo in Italia era Andrea Giannini, tecnico dell’Atletica Vigevano e della Cento Torri, il sudafricano scese a 46”02, mezzo secondo più lento del limite. Dopo quell’estate Pistorius lasciò Giannini per trasferirsi a Gemona e in un anno scese a 45”07 qualificandosi per i Giochi e passando dal 123esimo al 22esimo posto del ranking mondiale. Alla luce degli steroidi trovati dagli inquirenti in casa di Pistorius indagando sull’omicidio della fidanzata, quel 45”07 si opacizza invece di brillare.

«Un secondo in meno nei 400 è una enormità ma non voglio credere, fino a prova contraria, che Oscar Pistorius possa aver fatto uso di doping. Voglio ancora pensare fino in fondo che i suoi grandi miglioramenti, e la sua qualificazione ai Mondiali di Daegu prima e alle Olimpiadi di Londra poi, possa essere soltanto il frutto della sua grande volontà e del suo sacrificio durante gli allenamenti. Se poi emergeranno elementi più certi, allora ognuno di noi tirerà le proprie conclusioni. Certo è che questa è davvero una bruttissima storia che, personalmente, mi ha fatto molto male, avendo condiviso con lui tanti momenti e tante battaglie al suo fianco. Se poi si dovesse scoprire che era davvero dopato allora le cose cambierebbero, perché uno non si può dopare da solo e la qualificazione di Oscar ai Giochi di Londra interessava anche gli sponsor e il suo entourage».

Giannini ha seguito Pistorius nell’estate del 2009 e in quella del 2010. «Ci allenavamo a Grosseto, dove io abitavo, seguivamo il programma preparato dal suo tecnico, che era rimasto in Sud Africa – ricorda Giannini, 36enne ex astista –. Allora Oscar non aveva sponsor, l’amministrazione e la società di atletica di Grosseto gli avevano trovato una casa e gli davano il vitto. In quei mesi non l’ho mai visto prendere sostanze dopanti e non gliene ho nemmeno trovate in casa».

Dopo l’estate 2010 però le cose sono cambiate. «Il suo manager gli propose di spostarsi a Gemona perché erano spuntati degli sponsor e Oscar andò, ma in Friuli si allenava da solo perché io non avevo accettato di seguirlo – ricorda Giannini, che ora allena un’altra atleta paralimpica, Giusy Versace, ed è il preparatore della Florens (volley B2) -. Da allora ci siamo scambiati solo dei messaggi per sapere come stava l’altro».

Ma gli steroidi possono aver scatenato la violenza che l’ha spinto a uccidere? «Secondo i medici gli steroidi aumentano l’aggressività – dice Giannini – ma più in generale gli ormani possono agire sull’umore amplificando gli stati d’animo, per cui si può cadere in depressione o avere picchi di euforia o di violenza».

Gli inquirenti pensano alla gelosia come movente dell’omicidio. «Aveva avuto due fidanzate sudafricane in quegli anni a Grosseto, prima di Reeva Steenkamp – ricorda Giannini –. Oscar diceva che la lontananza rendeva le cose più difficili, ma non gli ho mai visto fare scenate di gelosia al telefono. Leggere sui giornali le cose che gli sono attribuite ora mi fa pensare che dopo il 2010 sia diventato un altro».

Si può credere ancora ai risultati dei campioni? «Credo che d’ora in poi i tifosi dubiteranno di tutti, è come se con Pistorius fosse finita l’età degli eroi».

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