Perché non pubblichiamo il nome di chi ha girato il video negazionista in ospedale a Pordenone

Il Messaggero Veneto non pubblica il video e le generalità dell’utente. Ritiene che, in questo momento in cui il personale sanitario è impegnato in corsia per salvare vite umane e i contagi sono ancora molto alti, sia inopportuno dare ulteriore visibilità a opinioni e gesti negazionisti.
PORDENONE. C'è un altro genere di contagio, oltre a quello del Covid-19. Si trasmette nonostante si indossi la mascherina e ci si lavi le mani di frequente. È il contagio dell'ignoranza e del complottismo. Un morbo vigliacco, che fa presa sui dubbi, la paura e le debolezze delle persone.
Stufi di vivere in modo asociale, vedere l'economia andare a picco e consultare la ruota dei colori anche solo per poter uscire di casa? Certamente. Soluzione: basterà dimostrare che il problema non esiste e, come per magia, tutto tornerà alla normalità.
Un po' come credere che, se fuori piove, sarà sufficiente uscire senza ombrello per evitare di bagnarsi. Con l'aggravante che qui si parla di vittime, non di gocce d'acqua. Di persone che giacciono sotto un casco per poter respirare e di altre che si muovono in tute-scafandro per cercare di mantenere in vita le prime.
Certo, le une e le altre hanno il torto di passare le loro esistenze in locali chiusi e inaccessibili al pubblico, anziché esibirsi nella reception del Santa Maria degli Angeli rendendola un set da post 11 settembre. Ma tant'è.
Il filmato diffuso su Facebook dell'atrio dell'ospedale (non del pronto soccorso) deserto e del parcheggio con le ambulanze a motori spenti, anzichè rendere giustizia alla verità, la offende.
Solo qualche ora prima, in locali attigui, 15 persone con difficoltà respiratorie gravi avevano passato la notte in attesa di un posto letto che non c'era. Appena qualche piano più su 180 ricoverati, perlopiù in camere a tre letti senza bagno, stavano combattendo a loro quotidiana battaglia per sopravvivere.
Basterebbe ascoltare chi, in quei luoghi, soffre e lavora. Leggere le testimonianze sui giornali. Informarsi, invece di produrre contenuti informi. E magari capire che in quegli 80 secondi sparati, con orgoglio, nell'etere, l'unica assenza di rilievo è stata la vergogna.
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