Pasian di Prato a Udine: «Cedeteci il campeggio»

Il Comune dell’hinterland non autorizza l’allacciamento della fognatura. Vuole acquistare l’opera di Italia ’90: ci accolleremo anche la manutenzione

UDINE. «Udine venda il campeggio di Italia Novanta al Comune di Pasian di Prato, noi siamo pronti a risolvere il problema». Andrea Pozzo, il sindaco del comune confinante con la città, non ci pensa proprio a passare per colui che blocca la riapertura della struttura costruita 26 anni fa e mai inaugurata.

Il mancato collegamento alla rete fognaria la rende inagibile e l’amministrazione di Pasian non intende risolvere il problema autorizzando il Cafc a posare i tubi sul suo territorio.

Pozzo respinge le accuse che, ieri, gli hanno indirizzato il sindaco e il vicesindaco di Udine, Furio Honsell e Carlo Giacomello e pone sul piatto una proposta di acquisto dell’opera incompiuta.

«Pur di sanare una situazione che grida vendetta, siamo pronti ad accollarci le spese di manutenzione. Anche perché i disagi provocati da quel degrado si ripercuotono tutti sui residenti nel nostro comune».

Il campeggio di Italia Novanta, insomma, è diventato l’anello della discordia tra Udine e Pasian di Prato. Le amministrazioni, la prima di centrosinistra, la seconda di centrodestra, affrontando il problema in modo diverso senza riuscire a trovare la quadra.

Campeggio del Cormôr, disastro senza fine - Foto

Pozzo difende la sua gente che ogni giorno fa arrivare in municipio le proteste contro la viabilità sconnessa che conduce al campeggio e le condizioni in cui si trova la struttura dove ormai entrano solo vandali e senzatetto.

Il sindaco inizia facendo notare che «l’area si trova nel comune di Udine per uno scherzo geografico. Non c’è alcun senso logico nel considerare quel terreno di Udine. Qualsiasi iniziativa venga organizzata nella struttura impatta esclusivamente su Pasian di Prato che ha una residenzialità di alta qualità».

Appurato che il confine non si può spostare e preoccupato dalle ipotesi analizzate negli anni dalle amministrazioni di palazzo D’Aronco, non ultime il trasferimento nel campeggio dei nomadi e dei giostrai, nel 2015 il consiglio comunale di Pasian ha posto un paletto: «Qualsiasi sviluppo dell’area deve essere definito in un patto vincolate con Pasian di Prato».

Il Comune si oppone «a qualsiasi iniziativi che crei disturbo ai residenti. In quell’aria autorizziamo solo iniziative di integrazione sociale e culturale in grado di dialogare con quelle già attuate a Pasian di Prato». La delibera è stata votata a larga maggioranza il 30 marzo 2015.

Lo riconosce lo stesso Pozzo ammettendo che la questione ha alimentato «un contrasto politico profondo». Questo per dire che l’opposizione di centrosinistra è contraria a diversi «no» già espressi da Pasian di Prato.

Ma Pozzo va avanti per la sua strada e dallo scorso anno continua a suggerire diversi utilizzi: «La creazione di un’area di sosta per ciclisti che ben si sposerebbe con i prati stabili, un centro di ricerca e didattica riservata alle scuole, un’area culturale e un polo sportivo. In quel luogo si possono realizzare mille iniziative anche perché noi, a differenza di Udine, non consideriamo il campeggio come ultimo lembo della periferia».

Il sindaco elenca i problemi risolti nel suo mandato, dal completamento della casa di riposo allo sblocco della vicenda sull’aeroporto, dalla polisportiva alla tangenziale sud, lo fa per evidenziare la capacità del suo esecutivo di risolvere i problemi.

Forte di questa certezza, si sente autorizzato a invitare nuovamente Udine a cedere la proprietà del campeggio a Pasian di Prato. In quel caso, aggiunge, «sarà sempre a Udine a rilasciare l’eventuale concessione edilizia, se ci dirà fate un’area verde noi la faremo». Molto dipenderà dalle previsioni del Piano regolatore.

«Tecnicamente si può fare. Siamo pronti a togliere le castagne dal fuoco a Udine» insiste il primo cittadino di Pasian di Prato, ipotizzando la stesura di un accordo che potrebbe coinvolgere anche la Regione. E ancora: «Il problema è risolvibile, serve un atto di coraggio».

Un atto di coraggio giustificato dal fatto che «oggi a segnare il confine tra i due Comuni non è più il torrente Cormôr, bensì l’autostrada. L’opera di Italia Novanta è diventato un ecomostro, dateci la proprietà e noi la trasformeremo in un’opportunità di sviluppo funzionale al nostro tessuto sociale». Ora la palla passa a Udine.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:opere pubbliche

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto