Palazzo patriarcale scopre i suoi gioielli

Tra qualche mese saranno finalmente spalancate le imposte e si ammirerà la straordinaria Galleria degli ospiti con luce naturale, come non accade da decenni per evitare danni agli affreschi.
Sembra una piccola cosa, in realtà è un magico tocco che accresce la suggestione tiepolesca del palazzo patriarcale di Udine. Il Museo diocesano propone anche questo per celebrare i vent’anni di attività, come sta facendo con iniziative destinate agli esperti e al pubblico, in particolare quello giovanile. L’apertura delle finestre sarà resa possibile da una serie di lavori grazie anche a finanziamenti regionali. L’annuncio è stato fatto giorni fa durante un convegno in cui il direttore Giuseppe Bergamini ha dato pure un’altra notizia: la Sala del trono si arricchirà di un nuovo ritratto, quello dell'arcivescovo Alfredo Battisti, il presule morto il primo gennaio 2012 che guidò la diocesi dal 1972 al 2000. Fu proprio lui, nell’aprile del 1995, a voler aprire al pubblico il museo impreziosito dagli affreschi del Tiepolo destinandovi il palazzo che fino ad allora era stato solo residenza arcivescovile. L’immagine di Battisti si aggiungerà ai 116 ritratti che già ci sono, a partire da San Marco e da Sant’Ermacora, offrendo come non accade in nessun altro luogo la possibilità di ripercorrere i duemila anni della chiesa aquileiese e udinese attraverso i volti di chi la guidò. Una curiosità, in questo spazio così affascinante, consiste nell’andare a caccia dei cinque ritratti attribuiti al pennello di Giambattista Tiepolo, che esercitò anche così la sua arte mentre abbelliva le stanze del palazzo, dove un posto speciale spetta alla Galleria degli ospiti, corridoio angusto dalle soluzioni prospettiche straordinarie. Qui la fantasia corre a briglia sciolta come accade nell’episodio biblico di Sara, moglie di Abramo vestita da damina settecentesca, che accoglie incredula (con sorriso simpaticamente sdentato) l’annuncio fattole da un angelo biondo: sarebbe diventata madre a 90 anni.
Di questo mondo si parlerà per quattro lunedì, a partire da oggi 4 maggio, inizio alle 18, nella sala del Trono, in conferenze aperte a tutti. Si comincia questo pomeriggio con la presentazione della guida udinese scritta da Elena Commessatti, che interverrà assieme all’imprenditrice Antonella Nonino, in una passeggiata tra suggestioni e storie. Protagonisti dei prossimi appuntamenti monsignor Sandro Piussi e Paolo Pastres (per informazioni contattare lo 0432/25003). Inoltre martedì 12 maggio, in collaborazione con la Filologica, il museo sarà aperto gratuitamente con visite guidate tutto il giorno. Da non mancare, per addentrarsi nei segreti e nei tesori d’un palazzo sorprendente. Molto a tale proposito è stato detto nel recente convegno, che aveva un respiro a livello nazionale. Per esempio, monsignor Timothy Verdon ha proposto un’anteprima sul museo del duomo di Firenze, aperto da ottobre, mentre don Gianmatteo Caputo, direttore del museo del Patriarcato a Venezia, ha spiegato come nelle chiese l’arte sia parte integrante del culto e della liturgia. Da Trento è arrivata Domenica Primerano, presidente dell’Associazione musei ecclesiastici, per dire come queste istituzioni possano organizzarsi e far rete “educando così i nuovi incolti e limitando i danni causati dall’inciviltà dell’immagine”. L’incontro ha fatto poi il punto sulla situazione in Friuli, fra Udine, Cividale, Pordenone, con riconoscimenti al profetico iniziatore di tutto ciò, monsignor Gian Carlo Menis.
Non resta che avventurarsi in questo universo, museale sì, ma spalancato sempre più, non solo perché si aprono le finestre nella Galleria degli ospiti. Sono numerosi i laboratori didattici ai quali ogni anno partecipano 5 mila bambini e ragazzi. La pagina Facebook si rivela uno strumento consultatissimo. Al centro di tutto resta la possibilità di esplorare spazi significativi, dove il sapere simbolico ha ancora un senso. Un sapere decisivo per vivere anche la modernità come una sorta di autodifesa e non restare in balia del nulla. Tiepolo ci raccontò tutto questo attorno al 1726 quando il patriarca Dolfin lo chiamò da Venezia. Stesso anno dell’arrivo di un altro ragazzo prodigioso, Carlo Goldoni, che scrisse nelle sue memorie: “Finalmente giungemmo a Udine. I viaggiatori di solito non ne fanno menzione, tuttavia meriterebbe un posto onorevole nei loro racconti. Questa dimenticanza m'è sempre spiaciuta. La città è assai bella. E voglio renderle giustizia, perché ne è degna in tutti i modi...”. Parole di 300 anni fa, eppure così attuali.
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