Nell’ex Safau 33 anni dopo un vuoto urbano di 7 ettari

L’obiettivo sul lungo periodo è restituire alla città l’area dismessa dell’ex acciaieria Safau nell’ambito del progetto “Udine 2050”. Nel breve, però, grazie alla disponibilità della proprietà, la Rizzani de Eccher, già la prossima estate, una parte dell’immensa superficie (7 ettari) incastonata tra via Milazzo, via Catalafimi e via Lumignacco, potrebbe tornare a nuova vita ospitando un evento di carattere culturale. La proposta è stata lanciata dall’assessore Fabrizio Cigolot durante il sopralluogo effettuato insieme con la collega di giunta Giulia Manzan, alla proprietà e a una rappresentanza di ex lavoratori in occasione dei 70 anni dalla prima colata del forno Martin Siemens (ancora esistente), avvenuta nella notte tra il 23 e il 24 febbraio 1951, quando prese il via una rivoluzione che fece diventare Udine punto di riferimento per la siderurgia a livello nazionale.
«Mi piacerebbe tornare qui in estate con un evento teatrale per far riavvicinare i nostri concittadini a questo luogo», ha detto Cigolot. Ipotesi che Giovanni Ciaravola, amministratore delegato del settore immobiliare di de Eccher, non ha escluso: «Ne possiamo parlare, c’è una parte dell’area che potrebbe essere destinata a questo. Abbiamo già completato un lavoro importantissimo, procedendo con la bonifica, frutto di un investimento ingente».
La visita di ieri è merito della mappatura delle aree dismesse effettuata dal servizio urbanistico del Comune: «Anche la ex Safau è rientrata in questo elenco – ha evidenziato l’assessore Manzan – spingendo Bruzio Bisignano dell’associazione Amîs de Safau, a farsi avanti, facendomi conoscere la storia di questo luogo che oggi ha un grande valore anche da un punto di vista dell’archeologia industriale. Coinvolgendo il collega Cigolot, con l’obiettivo di riaccendere i riflettori sulla Safau, abbiamo deciso di realizzare una mostra in castello per riportare alla memoria ciò che l’acciaieria ha rappresentato per la città, per il suo tessuto sociale e per la sua economia».
Dal punto di vista strategico, l’ex Safau è al centro del progetto “Udine 2050”, che attraverso l’interramento della linea ferroviaria, oggi ostacolo all’accesso diretto all’ex area industriale, potrebbe dare il via al riempimento del “vuoto urbano” venutosi a creare. Tra le ipotesi sul piatto ci sono l’insediamento di zone per la ricerca, di un polo intermodale del trasporto pubblico su ferro, di un’area verde attrezzata per mercato temporaneo. Tutto mantenendo alcuni dei manufatti industriali, come il camino e il forno Martin, tutelati da un punto di vista urbanistico. Per ora di concreto c’è l’emozione di chi ha passato metà della propria vita alla Safau, e che ieri ha avuto modo di rimetterci piede per la prima volta dopo la chiusura avvenuta nel 1988: «Ero capo turno in acciaieria – ha raccontato Carlo Bertolissi –. Poter tornare è una grande emozione. Negli anni ’80 eravamo in mille. Una vera cittadella produttiva. Oggi è una desolazione, ma un tempo qui sorgeva uno dei punti più vivaci della città». E gli operai avevano un grande senso di appartenenza, sopravvissuto fino a oggi, visto che le ex maestranze si ritrovano ogni anno: «Eravamo come una famiglia, e il senso di appartenenza all’azienda era molto forte», assicura Bisignano.—
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto