"Nella sede Pro loco il soffitto della sala ci crollò addosso"

Giovanni Della Pietra, nel 1976 era il tecnico comunale di Tricesimo. Ed è proprio lui a descrivere via Sant’Antonio disastrata

UDINE. «Il terremoto ci sorprese durante la riunione del direttivo della Pro loco. Nella sala ci cadde il soffitto addosso». Giovanni Della Pietra, nel 1976 era il tecnico comunale di Tricesimo. Ed è proprio lui a descrivere via Sant’Antonio disastrata.

Quella sera, a Tricesimo crollò la torre campanaria del duomo addosso a Teresina Sabot, la donna morì sul colpo. Fu l’unica vittima del terremoto nella cittadina alle porte di Udine.

Anche a Tricesimo le case vennero demolite dopo il 6 maggio. Il centro fu la zona più colpita assieme alle frazioni dove, la sera della tragedia, in lontananza sentivano solo l’eco delle sirene delle ambulanze che andavano a soccorrere i feriti.

«Alla prima scossa non capimmo la gravità della situazione» ammette l’ex sindaco, Giovanni Spizzo, eletto dal consiglio comunale nel 1977, dopo la morte del primo cittadino, Adriano Costantini. È proprio Spizzo a soffermarsi sulla volontà dei friulani di andare avanti a tutti i costi.

«Abbiamo vissuto per diverso tempo in un tenda realizzata autonomamente» racconta descrivendo una struttura di fortuna realizzata da un muratore con alcuni pali piantati nel terreno e dei teli trovati chissà dove. «Eravamo più famiglie, 13 persone».

Uscirono da quella tenda quando rientrò l’emergenza e arrivarono strutture più sicure. Spizzo lavorava all’ufficio postale e, in quei giorni, si trovò a smistare decine e decine di telegrammi giunti da ogni parte del mondo. Quarant’anni fa, per molti emigranti, il telegrafo era l’unico modo per comunicare con i parenti friulani.

Allo stesso modo, Spizzo trasferiva le autorizzazioni al pagamento delle pensioni negli uffici postali dei comuni dove si erano trasferiti molti terremotati.

Erano giorni caotici. Lungo la Strada statale transitavano le collonne dei soccorritori dirette nei comuni più colpiti: Gemona, Osoppo, Buja, Majano e Venzone. La solidarietà non mancò neppure a Tricesimo dove, quasi subito, arrivarono gli aiuti dei Fogolârs furlans e della Gazzetta di Parma.

Il quotidiano aveva organizzato una raccolta fondi e con il ricavato realizzò il villaggio denominato, non a caso, villaggio Parma. Nell’estate 1976 molti giornali, dai quotidiani ai mensili, raccolsero fondi per il Friuli terremotato.

La situazione più complicata da gestire era quella degli anziani. «La casa di riposo era danneggiata, nell’estate venne demolita. Fummo costretti a trasferire gli ospiti - racconta Spizzo - in una struttura a Pieve di Soligo e in altre località del Veneto».

L’altro problema da risolvere in tempi rapidi era quello delle scuole. Gli edifici erano lesionati e alunni e studenti furono trasferiti in diverse sedi. «La scuola media venne demolita, le aule furono allestiti in più di un locale».

Installate le tende, arrivò pure la stagione dei prefabbricati. Tutti ricordano i villaggi ricevuti in dono dagli austriaci.

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