Il vescovo Pellegrini: “Dio si è fatto piccolo per abitare la nostra storia”

Nel duomo di Pordenone il messaggio di Natale: accoglienza, debolezza che ama e speranza per un mondo ferito

Edoardo Anese

«Dio si è fatto uomo, si è fatto uno di noi, si è fatto piccolo per abitare la nostra storia». È questo il cuore del messaggio natalizio consegnato dal vescovo Giuseppe Pellegrini nell’omelia della solennità del Natale, celebrata il 25 dicembre nel duomo San Marco, a Pordenone, al termine dell’Anno Giubilare.

Al termine della Messa, il vescovo si è spostato nei locali della parrocchia di San Francesco per sedersi a tavola al “Pranzo insieme”, promosso dalla Caritas insieme ai molti volontari che, in questi giorni, si sono attivati per «far passare un Natale a chi è solo in città e dintorni». Presente anche il sindaco di Pordenone, Alessandro Basso

Il Natale, ha ricordato il presule, non è un semplice ricordo del passato, ma l’annuncio vivo di un Dio che entra nella concretezza della vita, anche nelle sue fragilità. La nascita di Gesù a Betlemme avviene nella precarietà, «perché per loro non c’era posto nell’alloggio», ma non senza l’accoglienza fondamentale dell’amore di Maria e Giuseppe. È proprio questa semplicità disarmante a rivelare il volto autentico di Dio: non la potenza che domina, ma la debolezza che ama.

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Il vescovo Giuseppe Pellegrini

In un tempo segnato dal consumismo e dalla distrazione, il vescovo ha messo in guardia dal rischio di non riconoscere lo straordinario del Natale: «Rischiamo di non vedere nulla di grande in quel bambino che ci racconta un Dio diverso da come lo vorremmo, un Dio che si manifesta nella debolezza». Eppure, ha sottolineato, è proprio questa la forza del Natale: un Dio che si fa carne e, nella Pasqua, si farà croce, garantendo che il male non avrà l’ultima parola.

Il vescovo Giuseppe ha affrontato anche le grandi domande del nostro tempo, segnato da crisi di fede, di valori e di senso. «Come credere in un Dio che si fa bambino in un mondo dove sembrano contare solo la forza, il potere, l’odio e la violenza?», si è chiesto. La risposta sta nel tornare al cuore del Natale, dove il Bambino di Betlemme continua a chiedere spazio nel cuore e nella vita di ciascuno. «L’amore è più forte della morte, del peccato e della paura», ha ricordato, citando il Vangelo di Giovanni e le parole di Papa Leone, che invita a mettere Gesù al centro della vita come unico Salvatore.

Lo sguardo si è poi allargato alle drammatiche vicende internazionali. Il canto degli angeli – «pace agli uomini che egli ama» – risuona oggi come un appello urgente in un mondo ferito dalle guerre, dalle migrazioni forzate e dall’indifferenza. Nei volti di chi soffre, ha affermato il vescovo, riconosciamo ancora il Bambino di Betlemme, perché Dio «non si è incarnato per pochi ma per tutti, senza eccezioni».

L’augurio finale diventa così un impegno concreto: lasciare che il Natale sciolga la durezza dei cuori, rafforzi la fede e apra alla speranza. «Il Signore che viene – ha concluso il vescovo – renda le nostre comunità luoghi ospitali, capaci di ascolto e di misericordia, dove ognuno possa sentirsi guardato e amato da Dio con quella tenerezza che cambia la vita».

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