Pordenone, addio a don Nigris: è stato missionario salesiano e parroco al Don Bosco

Guidò la neonata parrocchia di viale Grigoletti per 7 anni. In Bolivia venne trafitto da una freccia, ma se la cavò

Enri Lisetto
Un'immagine di don Nigris
Un'immagine di don Nigris

Saranno celebrati lunedì, 11 agosto, dal vescovo Tito Solari, originario di Pesaris, nella chiesa di Santa Fe, in Bolivia, i funerali di don Ermanno Nigris, salesiano friulano morto venerdì sera nel piccolo ospedale missionario di San Carlos, dove era ricoverato da un mese per una polmonite.

Nato ad Ampezzo il 22 ottobre 1931, sin da giovane entrò in contatto con la realtà salesiana in Carnia; ordinato prete a 27 anni, diresse il Collegio di Tolmezzo e l’istituto San Luigi di Gorizia.

Sin da subito manifestò il desiderio di partire per le missioni, ma dovette attendere. I superiori, infatti, lo inviarono a Pordenone, parroco – il secondo – della neonata parrocchia di San Giovanni Bosco, dal 1971 al 1978. Dopo due anni era già con le valigie in mano per contribuire all’avvio della missione a San Carlos, in Bolivia, con lo stesso monsignor Solari, ma la permanenza in città venne prolungata su richiesta dei parrocchiani, reduci da un altro veloce avvicendamento che rischiava di compromettere la partenza della nuova parrocchia.

A Pordenone, parallelamente all’opera pastorale avviò, con don Arturo Bergamasco, i gruppi teatrali – lui stesso era autore di molte commedie –, la raccolta carta e le olimpiadi in oratorio. «Un grande lavoratore e uomo di fede», lo ricordano in città.

Nel marzo 1972 riunì il primo consiglio pastorale. La Filodrammatica dell’oratorio visse una seconda giovinezza. Cominciò a lavorare all’idea di programmare le vacanze, ovvero evitare quella smobilitazione estiva che interrompeva il cammino umano e cristiano. Occorreva, quindi, una casa come punto di riferimento: prima a Sauris, poi a Forni di Sopra. Un luogo per tutta la comunità parrocchiale.

Nel 1978, dunque, la partenza per la Bolivia, dove ha trascorso metà della sua esistenza, impegnato a salvaguardare gli indios Yukis. Laureato in lettere, fu docente di antropologia alle superiori e all’università, nel Sud America, avviando missioni, costruendo chiese compreso il santuario di Santa Fe, fondando una congregazione di suore. Nel 1987, recandosi in viaggio in una comunità di indios, venne colpito da una freccia che gli perforò l’intestino, ma grazie alle cure pressoché immediate, si ristabilì.

Dopo la morte, sono state celebrate diverse veglie di preghiera e la salma portata nei principali paesi dove ha operato. I funerali saranno celebrati oggi alle 15.30, ora locale, a San Juan e la sepoltura avverrà nella chiesa di Santa Fè.

L’ultimo pordenonese che l’ha salutato è Daniele Rampogna, che da alcuni giorni si trova in visita alle missioni salesiane in Bolivia. «È stato un privilegio che non dimenticherò – ha detto –. Mi ha riconosciuto, l’ho salutato. Poi si è spento».

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