Morto a cento anni l'ultimo alpino scampato alla tragedia della nave ospedale Galilea

SAN QUIRINO. L’ultimo reduce del Galilea, l’alpino Onorino Pietrobon, che domenica 17 gennaio 2021 aveva compiuto 100 anni, è morto nella giornata di lunedì 1 febbraio nella sua casa di San Quirino
Era stata da poco festeggiato, con una festa “virtuale”, ma affetto e auguri sono giunti da ogni parte d’Italia lo stesso, assieme a quelli “in presenza” del sindaco Gianni Giugovaz, del parroco don Aniceto Cesarin, del capogruppo Ana di San Quirino Natale Moschetta, del presidente della sezione Ilario Merlin e del consigliere nazionale Romano Bottosso.
E naturalmente la festa è stata con i familiari, figlio (alpino pure lui), figlia e nipoti. Un pensiero alla moglie Teresa, portata via dal Covid a novembre, dopo 70 anni di matrimonio.
La medaglia Ana del centenario gliela aveva consegnata Bottosso con gli auguri del presidente nazionale Sebastiano Favero: «Ho ancora vivo il ricordo dei nostri incontri e la tua grande emozione. Avrei voluto esserti vicino, ma la pandemia lo impedisce. Un forte abbraccio alpino». Ilario Merlin aveva donato al festeggiato la statuetta degli alpini nella tormenta.
Ricordiamo gli auguri del sindaco per i cento anni di Onorino Pietrobon: «L’alpino è l’esatto opposto dell’individualista e solo un alpino come te, che ha lottato per ore infinite contro la disumanità e la morte, tra i flutti del mare, aggrappato ad un esile e tragico appiglio di vita, divenuto padrone del tuo destino, solo tu puoi capire, perché l’hai vissuto, il dramma della moltitudine di persone migranti che ogni giorno affidano al nostro Mediterraneo il loro destino di sommersi o salvati».
Il 17 gennaio da sempre è cerchiato in rosso nel calendario del gruppo Ana di San Quirino: con una pergamena e un dipinto «ti porto 125 strette di mano, tanti sono gli iscritti, 125 sorrisi», gli aveva detto il capogruppo Moschetta.
Assaltatore alpino, Onorino Pietrobon ha sempre ricordato quel 28 marzo 1942 quando il Battaglione Gemona venne imbarcato sul Galilea. Verso le 23 la Piemonte evito un siluro lanciato da un sommergibile inglese. Il Galilea venne colpito in centro alle 22.45.
Si inclinò sul lato destro, imbarcò acqua. Raccontava: «Tre volte mi lanciai e tre volte le onde mi sbatterono di nuovo sul ponte. La quarta scelsi la parte anteriore. Annaspai per allontanarmi dalla nave».
Trascorse la notte in acqua. «Al mattino scorsi una zattera con alcuni alpini a bordo. Mi aggrappai, le mie braccia erano forti, ero abituato al lavoro nei campi. Col passare delle ore alcuni commilitoni, colti da crampi, sparirono inghiottiti dal mare.
Alle 14.15 ci soccorse la torpediniera Antonio Mosto: recuperò 279 alpini su 1.329 partiti da Corinto. Ci gettammo, quei pochi rimasti, sopra i motori, per scaldarci e asciugarci. Il drastico cambio di temperatura uccise altri alpini. Morirono 1.050 uomini».
Onorino Pietrobon era un uomo di fede. E lui amava ricordare un annedoto: «prima di partire ero stato votato da mia sorella a Sant’Antonio di Padova. In quei momenti, tra pioggia e lampi, alzai gli occhi al cielo e dissi: Sant’Antonio, è arrivato il momento di aiutarmi. Così è stato».
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