Morte di Natalia, indagato un medico
La piccola aveva sei mesi. Secondo gli esperti incaricati dalla Procura di Padova ci sono stati errori in sala operatoria

PADOVA. È morta a sei mesi e mezzo di vita dopo una seria operazione cardiochirurgica per correggere una malformazione al cuore. Ora si ritrova sotto inchiesta per omicidio colposo il professor Giovanni Stellin, direttore della Cardiochirurgia pediatrica dell’Azienda ospedaliera di Padova, apprezzato specialista con esperienze a Harvard (Boston) e a Melbourne (Australia), membro di importanti società internazionali del settore. Problematico il primo intervento subìto dalla neonata, al quale ne sono seguiti altri due. Poi la lenta agonia. E il 26 settembre 2016 è arrivata la morte per la piccola Natalia Merlo, originaria di Trivignano Udinese, in Friuli, dove vivono la mamma Jenny, il papà Alessandro, imprenditore agricolo e assessore del piccolo Comune, e i due gemellini perfettamente sani Samuel ed Ellis. I tre bimbi erano nati l’1 marzo 2016 nella Neonatologia dell’ospedale di Udine con taglio cesareo alla trentacinquesima settimana. Natalia (1 chilo e 677 etti alla nascita) era stata trovata affetta da una patologia cardiaca. Chiara l’indicazione dei medici: era consigliabile il trasferimento della piccola nella Cardiochirurgia pediatrica padovana dove è operata l’1 luglio. Ma l’intervento va male. L’atto d’accusa della Procura è nella consulenza tecnica ordinata a due esperti dal pm padovano Francesco Tonon, che ha aperto un’inchiesta dopo la denuncia presentata lo scorso dicembre dai genitori, affiancati dallo studio 3A e tutelati dall’avvocato Marco Frigo. Scrivono il professor Andrea Verzelletti, direttore dell’Istituto di medicina legale dell’ospedale di Brescia, e il dottor Giancarlo Crupi, già nell’unità operativa della Cardiochirurgia pediatrica di Bergamo: «Sono ravvisabili inadeguatezze assistenziali inquadrabili in termini di imprudenza da parte del professor Stellin, quale primo operatore, nell’esecuzione dell’intervento dell’1 luglio 2016». I due esperti censurano le modalità di esecuzione dell’intervento effettuato quando la bambina aveva appena 4 mesi: era in buone condizioni generali, stava crescendo in maniera normale e - a loro giudizio - si poteva optare per una serie di controlli della funzionalità cardiaca in attesa della crescita.
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