Morì dopo una coronarografia, due medici a processo

La donna, 74 anni, di Codroipo, era stata sottoposta all'esame il mattino del 23 ottobre. Ricondotta in reparto, era deceduta alle 7 del mattino del 24 per arresto cardiocircolatorio. I parenti si sono costituiti parte civile

UDINE. Fu sottoposta a una coronarografia e poi cominciò a sentirsi male. Era la sera del 24 ottobre 2012 quando Vanda Infanti, codroipese di 74 anni, morì all’ospedale di Udine. Su quel decesso la Procura di Udine aprì un’inchiesta e quattro medici furono iscritti nel registro degli indagati.

Nel corso dell’udienza preliminare, il giudice Francesco Florit ha rinviato a giudizio l’ecografista Giovanni Brondani 36 anni di Colloredo di Monte Albano e il medico di guardia Claudio Fresco udinese di 55 anni con l’accusa di omicidio colposo, fissando la prima udienza per il 6 luglio dinanzi al giudice monocratico Carla Missera.

Dichiarato il non doversi procedere per non aver commesso il fatto nei confronti di Mauro Driussi 40 anni e Sergio Terrazzino 50 anni, medici cardiologi udinesi. Per tutti gli imputati il pubblico ministero Letizia Puppa aveva chiesto il rinvio a giudizio.

Secondo la tesi accusatoria, i medici «per colpa generica consistita in imprudenza, imperizia e negligenza cagionavano la morte di Vanda Infanti». La donna era stata ricoverata il 4 ottobre 2012 nel reparto di Medicina interna 1, trasferita il 22 ottobre in Cardiologia. Morì per «arresto cardiocircolatorio conseguente a shock metaemorragico da lesione dell’arteria femorale comune destra in corso di coronarografia». Fu sottoposta all’esame (che consiste in una puntura dell’arteria femorale) la mattina del 23 ottobre.

Riportata in reparto, la pensionata manifestò un progressivo peggioramento, con dolori, ipotensione e calo di valori dell’emoglobina. Per l’accusa, i medici avrebbero omesso di interpretare correttamente il quadro clinico della paziente con un’emorragia che indicava una lesione femorale, una complicanza possibile nella coronarografia.

Non avrebbero quindi, secondo l’accusa, fatto ricorso alle necessarie misure diagnostico terapeutiche che avrebbero potuto evitare lo shock metaemorragico salvando la vita della paziente. «Nel corso del dibattimento dimostreremo che il coinvolgimento del dottor Fresco è privo di fondamento» ha commentato l’avvocato Roberto Mete, difensore di fiducia del medico di guardia rinviato a giudizio, che per il proprio assistito aveva richiesto il non luogo a procedere.

Come aveva fatto il difensore del dottor Brondani, l’avvocato Tiziana Odorico facendo seguito ai pareri dei consulenti tecnici. «Ci sono aspetti - ha commentato il difensore – che andranno evidenziati con perizia medico legale in contraddittorio».

Ed è ciò avverrà in dibattimento. Quanto all’assoluzione del cardiologo Driussi, pure difeso dalla Odorico, l’avvocato ha evidenziato: «Sin dalla conclusione delle indagini preliminari abbiamo chiesto lo stralcio della sua posizione, visto che aveva richiesto tempestivamente le analisi per la paziente». Sulla stessa lunghezza d’onda l’avvocato Maurizio Conti, difensore del cardiologo Terrazzino.

«Tanto il mio assistito quanto Driussi prestarono servizio in un momento antecedente all’aggravarsi delle condizioni della signora e, comunque, adottarono tutti gli accorgimenti necessari rispetto al quadro clinico, disponendo idonei accertamenti».

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