Michele inghiottito nel nulla: nessuna notizia da quattro anni

Chiusaforte: riservato, amante della natura, Paolini (classe 1974) amava le lunghe camminate. La denuncia ai carabinieri arrivata solo tre anni dopo: «Speravamo fosse all’estero»
Michele Paolini in una delle sue ultime foto. A destra, gli scarponi trovati nella sua abitazione di via Casasola
Michele Paolini in una delle sue ultime foto. A destra, gli scarponi trovati nella sua abitazione di via Casasola

CHIUSAFORTE. Quasi quattro anni di nulla, fatta eccezione per il biglietto che aveva lasciato in bella vista sul televisore di casa (trovato pochi giorni dopo l’allontanamento) e un paio di suoi scarponi da montagna improvvisamente comparsi sotto la finestra del bagno, circa 10 mesi dopo quella che è stata indicata dai familiari come la data dell’ultimo avvistamento .

È una scomparsa che si trascina dietro ancora tanti interrogativi quella di Michele Paolini, classe 1974, occhi verdi, un metro e 84 di altezza, l’appassionato di montagna di cui si sono perse le tracce a metà ottobre 2015. Con denuncia ai carabinieri di Chiusaforte, però, formalizzata solo nel settembre 2018.

«Le ricerche sono in corso, non sono mai state interrotte dal momento in cui siamo stati attivati dai familiari - spiega il capitano Robert Irlandese, comandante della Compagnia dei carabinieri di Tarvisio, territorialmente competente sulla vicenda -. I colleghi di Chiusaforte fanno il possibile, monitorando sistematicamente quella che è stata indicata come l’ultima residenza dell’uomo, nella speranza di notare qualche segno di presenza.

Sono stati subito inseriti i dati della persona nei database delle persone scomparse» ma, al momento, nessun riscontro. «È chiaro che avviare le procedure a distanza di quasi tre anni dalla presunta data di allontanamento di una persona complica le ricerche».

Un ritardo difficile da spiegare quello sui tempi della denuncia da parte dei familiari, ma sul quale è la madre di Michele, Nives Marcon, a cercare di far chiarezza spiegando il punto di vista di una madre che non voleva invadere gli spazi del figlio.

«Mio figlio stava attraversando un periodo non facile. Era una persona molto riservata e come genitori gli abbiamo sempre garantito l’indipendenza. Del resto erano 19 anni che viveva da solo. Amava la natura e la montagna, arrampicava e spesso si allontanava per lunghe passeggiate.

Il primo novembre 2015, tuttavia, non avendo sue notizie, io e mio marito siamo andati a casa sua, una casetta in linea in via Casasola 66. Non c’era nessuno, ma sul televisore, in bella vista, Michele aveva lasciato un biglietto.

Voleva che lo trovassimo: ci chiedeva di non cercarlo, che ci avrebbe spiegato tutto quando i tempi sarebbero stati maturi.

Aveva parlato più volte di voler fare un’esperienza fuori regione, anche all’estero, di cercare la sua via altrove e, forse proprio per un eccesso di rispetto nei suoi confronti, lo ammetto, non avevamo sporto subito denuncia, anche se in via strettamente personale mio marito ne aveva parlato con un carabiniere suo conoscente.

Avevamo intanto chiesto ad amici, parenti, vicini di casa: tutti riferivano di non aver notato atteggiamenti strani, riferivano del “solito” Michele.

Abbiamo pensato, sperato che si fosse preso un anno sabbatico, che avesse intrapreso una nuova avventura: aveva lasciato a casa il telefono cellulare, ma tutti i suoi documenti non sono mai stati trovati, li aveva evidentemente portati con sè.

Poi niente, fino al 26 agosto del 2016 quando, a casa di nostro figlio, mio marito trovò un sacco blu sotto la finestra del bagno, all’esterno: dentro un paio di scarponi da montagna, calzature tecniche.

Dopo qualche indagine avemmo la certezza che erano di Michele: lo abbiamo interpretato come un segno della sua presenza, ci eravamo tranquillizzati».

I genitori di Michele hanno comunque proseguito le ricerche in proprio «ma nel settembre 2018, ormai disperati, ci siamo rivolti ai carabinieri e alla onlus Penelope, l’associazione nazionale delle famiglie e degli amici delle persone scomparse, che ringraziamo per il supporto.

Ci siamo rivolti anche alla trasmissione “Chi l’ha visto?” e a emittenti locali: nessun riscontro. L’appello che faccio è sempre lo stesso: se qualcuno ha qualche notizia di Michele ci aiuti, per favore.

Se, invece, dovessi essere anche tu a leggere questo articolo, Michele mio, fatti sentire: non lasciarci con questa angoscia». —
 

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