Mega sede della banca di Cividale: via libera all'azione contro l’ex Cda

La decisione è stata presa a maggioranza dai 1.800 soci presenti. Tre i nuovi amministratori: Fugaro, Semolic e Sala. Conferma per Del Piero

CIVIDALE. Verdetto positivo. L’assemblea dei soci riunita ieri nell’ex chiesa di San Francesco ha detto sì all’azione di responsabilità proposta dal Cda della Banca Popolare di Cividale nei confronti degli amministratori della società Tabogan Srl per presunte carenze di gestione nell’ambito della costruzione della nuova sede della Banca popolare di Cividale.

E pure degli amministratori e sindaci all’epoca in carica per presunte carenze di controllo sull’operato della società. Incassato a maggioranza l’ok dell’assise, la banca potrà ora agire in giudizio per cercare di essere risarcita dei danni - economici, patrimoniali ed eventualmente d’immagine - per una somma stimata in almeno 11,6 milioni di euro. Così, la discussa e per taluni “faraonica” sede della banca torna nel mirino.

E con lei lo storico presidente dell’istituto Guglielmo Pelizzo, colui che la Cividale l’ha guidata per 43 anni. Né lui, né il suo successore al timone, Graziano Tilatti, pur seduto ieri in prima fila, hanno tentato il rientro in consiglio di amministrazione, al contrario del notaio Pierluigi Comelli, affiancato, come già l’anno scorso, dal giovane avvocato Michele Picco. Una scalata al Cda finita male ancora una volta. Fermata rispettivamente a 177 e 235 voti.

Il nuovo consiglio. La maggioranza dell’assemblea ha abbracciato nella sua interezza la lista proposta dal consiglio uscente aprendo le porte del board all’avvocato di Pordenone Alessia Fugaro (1735), al rappresentante della minoranza slovena Livio Semolic (1612) e per il Credito Valtellinese a Franco Sala.

Ha inoltre confermato Mario Leonardi (1404 voti) e Michela Del Piero che dall’alto delle sue 1.864 preferenze è lanciata verso il secondo mandato da presidente, «ruolo per il quale - ha annunciato ieri - intendo ricandidarmi per affrontare assieme a un cda rimodellato le importanti sfide che ci attendono». Tra queste non c’è la trasformazione in Spa. «Allo stato - ha garantito la numero uno dell’istituto - non è assolutamente prevista».

L’azione di responsabilità. «Avrei volentieri dedicato tutta me stessa unicamente al futuro della banca e della sua sede e non al passato - ha dichiarato Del Piero -, ma non ho potuto farlo: una richiesta ricevuta in eredità dai precedenti Cda ed espressamente dal collegio sindacale scaduto nel 2014 chiedeva al nostro servizio auditing un’ispezione interna sulla correttezza della gestione degli aspetti inerenti la costruzione della nuova sede della banca e alle relative operazioni immobiliari».

Pronta la scorsa estate, la relazione ha messo in evidenza una serie di problematiche. Da qui la scelta del Cda di affidare a uno studio legale indipendente l’incarico di valutare la vicenda. «L’esito dell’esame - ha aggiunto Del Piero - ci ha indotti a proporre l’azione all’assemblea». In Consiglio 8 su 9 membri hanno votato per l’azione verso gli amministratori di Tabogan.

Cinque su 9 per quella verso ex amministratori e sindaci. Ieri la parola è passata ai circa mille soci riuniti nell’ex chiesa oggi auditorium, forti di oltre 800 deleghe per un totale di 1.800 voti. «Occorre domandarsi - ha aggiunto Del Piero a proposito della sede - senza veli se tale obiettivo potesse rientrare fra i fini di una banca popolare». Giudizio di merito che sta dentro il voto di sabato.

Favorevole come detto a procedere con l’azione di responsabilità nei confronti di 14 persone. L’ex amministratore unico di Tabogan, Franco Gremese, gli altri due membri del Cda, Gianluca Visonà ed Elio Miani, nonché i membri del Cda e del collegio sindacale allora in carica: Lorenzo Pelizzo, Carlo Devetak, Adriano Luci, Francesca Bozzi, Luciano Locatelli, Sergio Tamburlini, Graziano Tilatti, Redento Vazzoler, Giancarlo Del Zotto Carlo Del Torre e Mauro De Marco.

Le “accuse”. Meglio, le presunte responsabilità sono individuate nella delibera del Cda che attribuisce a Gremese la stipula del contratto di appalto con Steda in assenza di opportune cautele contrattuali e documentali nonché la previsione di forme di pagamenti di fatto rateali anziché di semplici stati di avanzamento.

Al Cda della medesima Srl contesta invece il consenso alla mancata stipula di polizza assicurativa dotata di garanzia decennale postuma e la talvolta accondiscendente gestione delle richieste dell’appaltatrice Steda durante i lavori di costruzione della nuova sede con il conseguente aumento dei costi oltre a varie lacune tecniche e documentali.

Inoltre, la gestione dell’operazione immobiliare del programmato e mancato acquisto del centro congressi, iniziato e non terminato sopra l’attuale stabile Eurospar pur dopo aver sborsato Tabogan rilevanti anticipi di prezzo ad opera non ancora conclusa e rimasta di fatto proprietà di Steda. Per finire, a carico del Cda e del Collegio sindacale il rilievo è quello di omesso controllo sull’operato degli amministratori di Tabogan.

La difesa. Stavolta non avrebbe voluto salire sul pulpito e probabilmente ha vacillato fino all’ultimo, fino a un attimo prima che la presidente dichiarasse chiusa la discussione sul punto, quando ha rotto gli indugi. «Prendo la parola con amarezza - ha confessato l’ex presidente Pelizzo -. Sull’azione di responsabilità ho ricevuto una comunicazione solo il mese di aprile. Sono caduto dalle nuvole.

Prima non mi è stato detto nulla e fatto leggere nulla. Non ho mai visto la relazione del legale». Visonà, ex amministratore di Tabogan, ha ripercorso - tra innumerevoli fischi - i 5 anni di lavori di costruzione dell’immobile garantendo di aver operato informando costantemente la capogruppo. «L’operazione immobiliare - ha concluso - è stata gestita con massima trasparenza e diligenza».

Quindi si è tolto un sassolino dalla scarpa. «L’ex Dg Mario Leonardi e l’ex sindaco Andrea Stedile, che oggi siedono in consiglio di amministrazione e non rientrano nell’azione di responsabilità, possibile non fossero parte in causa?».

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