Maxi-truffa in banca prescrizione per tutti

MAJANO. Alla fine, la prescrizione ha salvato tutti, o quasi. Compresi, quindi, i soli 4 imputati che avevano varcato la soglia dell’udienza preliminare e affrontato il processo dibattimentale. Il...
Di Luana De Francisco

MAJANO. Alla fine, la prescrizione ha salvato tutti, o quasi. Compresi, quindi, i soli 4 imputati che avevano varcato la soglia dell’udienza preliminare e affrontato il processo dibattimentale. Il caso era quello che ipotizzava un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa, il falso e la ricettazione ai danni della Banca Antonveneta di Majano e di una ventina di persone, tra cui diversi pensionati, e che si era in parte già concluso davanti al gup con tre patteggiamenti e cinque non luoghi a procedere, appunto, per intervenuta prescrizione del reato. Al centro dell’inchiesta, una montagna di presunte operazioni illecite compiute tra il 2004 e il 2005 per un ammontare di oltre mezzo milione di euro.

La sentenza è stata pronunciata, ieri, dal tribunale collegiale di Udine presieduto da Angelica Di Silvestre (a latere Mariarosa Persico e Roberto Pecile). Chiamati a rispondere di concorso in associazione a delinquere, Marco De Bonis, 32 anni, di San Giovanni al Natisone, Massimo Napolitano, 52, di Udine, Franco Iavarone, 43, pure di Udine, e Patria Vincente, dominicana di 49 anni, all’epoca residente ad Arezzo, sono stati prosciolti, a seguito della riqualificazione del fatto nel reato di truffa, per il quale è nel frattempo intervenuta la prescrizione. Il pm Barbara Loffredo aveva chiesto la condanna a 2 anni per De Bonis e per Iavarone e a 2 anni e mezzo per Napolitano e l’assoluzione con formula dubitativa per la Vincente. Nei confronti della dominicana, il magistrato aveva però sollecitato una pena di 4 anni e 9 mesi e 1.800 euro di multa, in relazione all’accusa di riciclaggio, contestatale in concorso con un altro imputato già uscito di scena. Ritenendola non colpevole, il collegio ha emesso verdetto di assoluzione “perchè il fatto non sussiste”. Il collegio difensivo era formato dagli avvocati Roberto Scolz (per la Vincente), Mery Mete (per De Bonis) e Renato Alfarone, di Milano (per Napolitano e Iavarone).

Condotte dalla Guardia di finanza, le indagini avevano passato al setaccio un elenco sterimato di documenti falsi, assegni rubati, conti correnti e pratiche di finanziamento a favore di persone mai identificate e prestanomi cui intestare i rapporti bancari. Nella ricostruzione accusatoria, Napolitano sarebbe stato il promotore dell’associazione, De Bonis e Iavarone i suoi più stretti collaboratori nel reclutamento di persone compiacenti e il reperimento della documentazione e la Vincente una delle addette alla gestione dei conti sui quali transitare gli assegni rubati.

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