Massimo, imprenditore guarito in Georgia: «Sottoposto a cure non consentite in Italia»

Udine: Masotti aveva un’infezione ossea devastante, poi ha conosciuto il chirurgo veneziano Alfonso Recordare
L'imprenditore Massimo Masotti nella clinica di Tiblisi
L'imprenditore Massimo Masotti nella clinica di Tiblisi

UDINE. Quella che raccontiamo è la storia di una guarigione straordinaria in Italia, ma non certo miracolosa. Protagonisti un paziente udinese colpito da un’infezione ossea devastante perché resistente alle terapie antibiotiche; un chirurgo veneziano; un istituto di ricerca georgiano, l’Eliava Institute di Tiblisi, che da decenni studia e elabora terapie a base di virus batteriofagi che attaccano batteri: soltanto quelli, fino ad eliminarli e poi morire con loro.

Sia chiaro: non parliamo di “cure alternative” con acqua e fiori, ma di terapie che sebbene in Italia non siano riconosciute dal ministero della Sanità, lo sono da decenni in Paesi come Russia, Georgia, Polonia.

Protocolli che prevedono la somministrazione di virus capaci di sconfiggere gravi infezioni batteriche, curando pazienti che una possibilità di guarigione non l’avrebbero avuta a fronte di infezioni sempre più spesso resistenti agli antibiotici.

LA BATTAGLIA DI MASSIMO

Il paziente è Massimo Masotti, imprenditore udinese, tecnico impiantista, 43 anni, la cui vita è stata stravolta il 21 agosto del 2018 da un incidente in moto. Il suo è stato per mesi un calvario nel susseguirsi di ben 6 interventi (all’ospedale di Udine e, infine, al Rizzoli di Bologna), prima per ricomporre la frattura scomposta alla gamba destra tra chiodi e ferri esterni, poi per asportare parti di osso in necrosi per cercare di sconfiggere quell’infezione da Pseudomonas tanto dolorosa quanto paurosa e resistente (nel suo caso) ai farmaci.

«I dolori erano atroci, gli interventi continui», racconta Masotti, «se gli antibiotici non fanno effetto, questo tipo di patologie viene trattata come un cancro: con il taglio delle ossa in necrosi. Non ce la facevo più».

RICERCA IN RETE E FAKE

Massimo non si arrende. Dopo l’ultima operazione a Bologna, con l’infezione ancora presente, si mette a cercare on line. Lui stesso mette in guardia dai rischi del fai-da-te della disperazione: «Ho trovato 200 siti che parlavano dei fagi: i primi venti erano fake o truffe. Bisogna stare molto attenti».

Sulla sua strada trova l’Eliava Institute di Tiblisi, il centro che dal 1923 studia e seleziona terapie con i virus-caccia-batteri: 950 quelli già selezionati.

«Ho scritto loro una mail e mi hanno subito risposto che pensavano di potermi aiutare, ma che mi mettessi in contatto con il loro referente in Italia, il dottor Alfonso Recordare, che mi ha seguito incoraggiandomi e tranquillizzandomi, con grande professionalità e umanità».

IL CHIRURGO

Alfonso Recordare è attualmente un medico nel reparto di Chirurgia dell’ospedale all’Angelo di Mestre. Nel 2015 si trovava in Georgia per dirigere un Reparto di chirurgia dei trapianti e tenere lezioni all’Università di Medicina: ed è qui che ha conosciuto la realtà scientifica dell’Eliava Institute.

Ora, insieme alla comunità scientifica italiana, segue con attenzione l’operato del Centro e dei pazienti italiani che rientrano negli stretti parametri di valutazione preventiva, per accedere alla terapia innovativa praticata in Georgia.

LA GUARIGIONE

A maggio, Masotti è volato a Tiblisi per gli esami del caso e i primi trattamenti. Dopo un mese è tornato in Italia con il suo stock di fagi, da assumere per bocca e con i quali irrorare la ferita infetta: tra viaggi e terapia, circa 5 mila euro di spesa. Tre mesi di trattamento, venerdì sera l’ultima fiala.

«Mi hanno detto che queste infezioni sono perfide, potrebbero restare dormienti per anni e poi riproporsi. Ma io ora sono guarito e non mi par vero di non soffrire più. È la fine di un incubo dopo un anno di patimenti: finalmente vedo la mia vita riprendere».

Attualmente sono in cura anche una bambina veneta affetta da infezioni polmonari recidivanti e un signore di Perugia, colpito da osteomielite.

E GLI ALTRI MALATI?

«Al momento è stato possibile attivare queste terapie, grazie a un accordo di collaborazione scientifica con l’Eliava ed una normativa che permette ai malati che non rispondono alle terapie previste dai protocolli italiani, di poter continuare le cure iniziate all’estero», spiega il dottor Recordare, «ci abbiamo lavorato a lungo, anche con colleghi a Milano e a Roma, del ministero e dell’Istituto Superiore di Sanità. E così i primi pazienti sono potuti tornare da Tiblisi con il loro stock.

Ma le leggi sono molto stringenti e non permettono di introdurre ora in Italia questa terapia, che non ha grande appeal per le case farmaceutiche che non potrebbero brevettare le loro preparazioni (si tratta di sostanze naturali e non di prodotti chimici di sintesi) a fronte di investimenti di milioni di euro necessari per completare l’iter di approvazione per l’Agenzia del farmaco.

Così al momento stiamo elaborando una strategia per capire in quali casi il paziente che non abbia risposto alle terapie farmacologiche e antibiotiche debba rivolgersi all’Istituto Eliava».—

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