Mario Tozzi a Lignano: «I Sapiens rassegnati alla crisi del clima, solo le tragedie ci faranno reagire»
Il divulgatore scientifico e conduttore televisivo ospite venerdì 13 giugno al festival Lignano 180°: «Le città non restituiscono né socialità né protezione ambientale»

«I Sapiens non faranno alcunché per combattere in maniera definitiva questa crisi climatica fino a che non ci saranno delle tragedie più grandi di quelle che viviamo oggi. Sono preoccupato ma anche rassegnato». Con queste parole il divulgatore scientifico, primo ricercatore del Cnr, Mario Tozzi, venerdì 13 giugno, alle 21, al parco Unicef di Lignano Riviera, nell’ambito del festival della sostenibilità Lignano 180°, introdurrà la sua lectio magistralis “Sapiens sull’orlo di una crisi di nervi”.
Perché i Sapiens sono alle prese con una crisi di nervi?
«Perché non riusciamo a dare ragione agli scienziati che ci mostrano quanto sia problematica la convivenza su questo pianeta».
Siamo stati colti di sorpresa o non abbiamo voluto vedere?
«Abbiamo fatto tutto fuorché renderci conto che questo pianeta ha dimensione e risorse finite e che da noi dipende tutto questo».
I mutamenti climatici sono più rapidi rispetto al passato?
«In passato i mutamenti climatici sono stati molto più lenti perché noi non eravamo in grado di incidere».
A Lignano si parla di città sostenibile, dobbiamo partire da qui?
«Dobbiamo partire dal fatto che i Sapiens cittadini sono quelli che più facilmente vanno incontro a una crisi di nervi perché le città non sono assolutamente in grado di restituire né socialità né protezione ambientale».
Quindi è preferibile vivere nei piccoli centri?
«Sarebbe preferibile in ogni caso. La vita cittadina non ti permette alcun contatto con il mondo naturale se non con le piante che hai sul terrazzo».
Progettare una città sostenibile significa contrastare la crisi climatica?
«Facciamo molto poco per combattere le cause. La città sostenibile io non ho ancora idea di quale sia. Se ce n’è qualcuna ditemelo perché io non la conosco».
Lignano può diventare un laboratorio?
«Lignano, come altre realtà provinciali, può essere più resistente rispetto ai cambiamenti climatici, più resiliente rispetto al consumo di risorse, può più facilmente far entrare natura e ambiente in città. È esattamente il contrario di quello che abbiamo fatto negli ultimi secoli».
L’innalzamento dei livelli del mare può mettere a rischio questo equilibrio?
«Per i comuni rivieraschi che hanno una quota bassa sì. L’Enea calcola in 4.500 chilometri quadrati i territori che potrebbero essere invasi dai futuri innalzamenti dei livelli del mare: la pianura Padano-veneta è la più a rischio di tutte».
Il blocco dei mezzi Euro 5 adottato nella pianura Padana può mitigare la crisi climatica?
«È una delle azioni che insieme ad altre può farlo. I trasporti incidono per meno del 30% sulla crisi climatica, di questi la parte preponderante la fanno le auto. Bisognerebbe sostituire il parco circolante con uno che non consumi combustibili fossili. L’auto elettrica è talmente più conveniente ed efficiente di quella a combustione che laddove la dovessi alimentare con i combustibili fossili e non con le rinnovabili come dovresti, converrebbe comunque. Lauto elettrica è efficiente al 90%, una a combustibili fossili al 35».
Nell’era della fake news la comunicazione è uno strumento di prevenzione?
«È uno strumento di aggravamento della situazione. Tutti gli scienziati definiscono la crisi climatica anomala, molto accelerata rispetto al passato e che dipende dall’attività degli uomini, ma le persone sono convinte del contrario. Questo perché si preferisce fare il dibattito tra uno che la pensa così e uno che la pensa diversamente che non si dovrebbe sentire perché dal punto di vista scientifico conta zero».
Perché c’è tanta diffidenza rispetto ai dati scientifici?
«Pensiamo a come è stata mal gestita la pandemia. Molti hanno pensato che non era vera e che i vaccini erano pericolosi: tutte palle senza fine propagate da una minoranza molto attiva e rumorosa. In questo modo la gente si fiderà sempre meno degli scienziati».
Scetticismo è anche sinonimo di conservazione di stili di vita?
«Certo ma quello si chiama negazionismo. Lo scetticismo è bene avercelo».
La partecipazione delle comunità nelle scelte pubbliche può fare la differenza?
«Dipende, in genere le comunità sono conservative. La comunità sarda si sta opponendo a tutte le forme di energie rinnovabili, in quel caso non ha alcun vantaggio».
Non è uno scenario rassicurante?
«Gli strumenti per cambiare li abbiamo ma nessuno lo fa sul serio. Sono tutti troppo preoccupati di perdere posizioni economiche, concorrenza e mercato, come se si potesse campare solo con quello. Purtroppo è proprio la società dei consumi che porta all’esaurimento delle risorse, al deterioramento e all’inquinamento dell’ambiente».
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