Mano stritolata: nessuna responsabilità dell’amministratore

UDINE. Il macchinario sul quale stava lavorando si fermò improvvisamente e lei tentò di sbloccarlo introducendo la mano destra in una fessura, ma si ritrovò incastrata fra gli ingranaggi, riportando uno schiacciamento dell’arto.
Sull’infortunio che ha coinvolto Laura Cappellaro, 40enne udinese, il datore di lavoro Eugenio Perrella 58 anni, amministratore delegato della Freud Spa originario di Napoli residente a Milano, non aveva colpe. A stabilirlo, ieri, è stato il giudice monocratico del tribunale di Udine Paolo Lauteri che lo ha assolto dalle accuse contestate “perché il fatto non sussiste”.
La vicenda risale al 18 ottobre 2011. L’operaia, assunta con contratto di somministrazione lavoro stipulato con l’agenzia interinale Adecco Spa, riportò lesioni gravi con «trauma da schiacciamento alla mano destra con frattura dello scafoide e sindrome del tunnel carpale».
La Cappellaro, impegnata nello stabilimento di Fagagna, stava lavorando sulla Linea imballo Tecnotau realizzata dalla stessa Freud Produzioni industriale spa per il confezionamento di lame da taglio circolari. Fu quel macchinario a bloccarsi, probabilmente a causa di un contenitore che si era mal posizionato su un nastro trasportatore.
Anzichè disattivare la macchina e chiamare un tecnico la donna, però, inserì la mano dentro una piccola apertura nel tentativo di sbloccarla, ma questa si riattivò causando l’infortunio. È quel gesto incauto che l’avvocato Roberto Mete ha impostato la difesa di Perrella.
Al datore di lavoro era stata contestata la violazione dell’articolo 37 del decreto legislativo 81/2008 per non aver fornito alla Cappellaro la formazione adeguata in materia di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro. Il titolare doveva anche rispondere della violazione delle norme a tutela della sicurezza del lavoratore per avere messo a disposizione della dipendente «un’attrezzatura – secondo la pubblica accusa rappresentata dal pm Letizia Puppa – non conforme alle specifiche disposizioni normative a tutela della sicurezza per mancanza di dispositivi di protezione idonei a evitare l’infortunio».
All’esito dell’istruttoria dibattimentale il pm ha chiesto la condanna dell’amministratore di Freud a una pena pecuniaria, ribadendo sia la mancata formazione della dipendente, sia la carenza di condizioni di sicurezza nella macchina.
La difesa ha evidenziato come, in seguito alla fusione per l’incorporazione di Freud nel gruppo Bosch Spa, il datore di lavoro avesse conferito una delega a un altro soggetto del management che aveva assunto un’autonoma posizione di garanzia.
Nel contempo, l’avvocato Mete ha respinto sia le accuse di mancata formazione della lavoratrice, sia quelle della mancanza dei requisiti di sicurezza della macchina, su cui, ha precisato, la lavoratrice ha effettuato un’operazione non conforme, quando invece, in base alle norme di sicurezza, avrebbe dovuto disattivare il macchinario e chiamare un tecnico evitando di intervenire in prima persona.
Una tesi che ha convinto il giudice Lauteri il quale, riservandosi 90 giorni per il deposito delle motivazioni, ha pronunciato una sentenza di assoluzione nei confronti del datore di lavoro “perché il fatto non sussiste”.
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