Manca la valutazione d’impatto ambientale: l’Ikea può rischiare la demolizione
La direzione all’Ambiente ha scritto alla società proprietaria dei terreni per comunicare l’avvio della verifica su eventuali danni arrecati. Chiesti tutti gli atti

TRIESTE
Sembra impossibile, ma sul futuro dell’Ikea di Villesse, il più atteso, desiderato e oggi visitato megastore della Regione, si erge uno spettro che ha dell’incredibile: la demolizione. È infatti questa la peggiore delle ipotesi contemplate in una lettera inviata a metà novembre dalla Regione all’immobiliare Arco srl di Brescia, proprietaria dei terreni su cui sorge il punto vendita scandinavo. Secondo la direzione centrale Ambiente, energia e politiche per la montagna, infatti, la società non ha presentato la documentazione necessaria per ottenero uno dei permessi fondamentali per la costruzione stessa dell’opera: la Via, Valutazione di impatto ambientale. In poche parole, il centro commerciale Ikea di Villesse e i suoi 1800 parcheggi sono stati realizzati senza che venisse prima avviato un procedimento di valutazione di compatibilità ambientale da parte della Regione.
Un fatto che al comune cittadino, abituato a rincorrere la burocrazia e il suo oceano cartaceo anche in occasione di semplici ristrutturazioni, farà di certo strabuzzare gli occhi. Che Arco srl si sia ”dimenticata” di presentare istanza al servizio Via della direzione Ambiente, o che abbia spedito le carte all’indirizzo sbagliato, questo rimane un mistero. L’unica cosa certa è che dalla stessa direzione è partita una missiva (inviata per conoscenza al Comune di Villesse e all’Arpa del Friuli Venezia Giulia) in cui si legge a chiare lettere che «la costruzione del fabbricato commerciale Ikea e le relative opere di urbanizzazione risultano realizzate nel 2008» e che «il decreto legislativo 152/2006 prevede che la costruzione di centri commerciali e parcheggi di uso pubblico con capacità superiore a 500 posti auto vada sottoposta a procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale».
Ed ecco il passaggio fondamentale della lettera: «Non risulta agli atti di questa Amministrazione alcun pronunciamento di compatibilità ambientale sull’opera realizzata» e per tale motivo «questa direzione è tenuta a procedere come disposto dall’articolo 21 della legge regionale 43/1990, al fine di verificare l’eventuale pregiudizio ambientale arrecato. Con la presente - si legge ancora nella lettera che porta la firma del direttore centrale Giovanni Petris - si dà pertanto comunicazione di avvio del procedimento di verifica previsto».
La questione, quindi, è tanto semplice quanto incredibile: stando a quanto stabilito dagli uffici regionali, l’immobiliare Arco non ha chiesto alla Regione di pronunciarsi sull’impatto che la costruzione del ”tempio” dell’arredo low cost ”made in Sweden” avrebbe avuto sull’ambiente circostante. E, dall’altra parte, nessuno a Palazzo si è ricordato di chiederglielo. Adesso si tenta di correre ai ripari.
La Regione, aprendo la procedura di verifica, chiede infatti alla società immobiliare di «fornire ogni documento, autorizzazione, permesso o parere ottenuto da altri enti competenti che possa risultare utile nel procedimento in oggetto». È intuibile che, se l’istruttoria dovesse andare a buon fine, il centro commerciale Ikea potrebbe ottenere una sorta di Via ex post. Ma se venissero accertate invece violazioni dell’impatto ambientale? Se dalla verifica risultasse che una parte dell’opera, come il parcheggio, o addirittura tutto il negozio, non avrebbero dovuto essere costruiti come fatto, cosa succederebbe?
L’articolo 21 della legge regionale 43 non lascia spazio a interpretazioni: «I provvedimenti di autorizzazione adottati senza la previa Via, qualora prescritta, sono annullabili». E ancora: «Qualora dalle violazioni accertate siano derivate significative variazioni dell’impatto ambientale, il presidente della giunta regionale ordina il ripristino dello stato dei luoghi (che, tradotto dal burocratese, significherebbe demolizione dell’opera, ndr) o, in alternativa, l’adozione delle misure necessarie per la rimozione delle conseguenze negative sull’ambiente prodotte dalle violazioni medesime», che equivarrebbe a mettere una ”pezza” e fare qualche ritocco qua e là per aggiustare la situazione in modo decisamente meno traumatico.
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