Maltrattamenti in casa di riposo, licenziata

Il tribunale del lavoro ha giudicato legittimo il provvedimento disciplinare adottato dall’Asp nei confronti di un’operatrice
Senior woman sitting on a bench in a public garden
Senior woman sitting on a bench in a public garden

CIVIDALE. «Le necessità di igiene e movimentazione degli ospiti non possono avere il sopravvento sul rispetto dell’incolumità fisica e della dignità degli stessi». Ne è convinto il giudice del lavoro di Udine, Marina Vitulli, che ieri ha confermato il licenziamento disciplinare di Laura Fadini, l’operatrice socio-sanitaria di 56 anni finita a processo per l’ipotesi di reato di maltrattamenti alla casa per anziani di Cividale.

È quindi «legittima» tanto la decisione dell’Asp di allontanare la dipendente dal posto di lavoro «in via di autotutela – recita l’ordinanza –, per impedire la prosecuzione delle condotte e per salvaguardare anche l’immagine della struttura pubblica», quanto quella di interrompere il rapporto «senza preavviso, a fronte del grave inadempimento degli obblighi minimali di un addetto all’assistenza e cura delle persone». E questo, «a prescinde dalle risultanze del procedimento penale», in corso davanti al giudice monocratico, che ha calendarizzato per l’inizio del prossimo anno discussione e sentenza.

Il giudice ha dunque respinto il ricorso che la Fadini aveva proposto, considerando le dichiarazioni e il materiale probatorio raccolti dalla Polizia giudiziaria e dal datore di lavoro «sufficienti a far ritenere provati i fatti addebitati e la loro gravità». Il che, in presenza di una «delibazione sommaria» (quale è il procedimento in parola), non basta ancora a chiudere la partita sul piano civilistico. «Valuteremo se instaurare il giudizio di merito vero e proprio – commenta il difensore, avvocato Rino Battocletti –, con relativa assunzione di tutte le prove, ai fini di una reintegra in servizio della mia assistita».

È proprio partendo da una «diversa lettura delle risultanze delle immagini» prodotte in atti dalla Procura che la difesa sta cercando di dimostrare l’insussistenza dei presunti maltrattamenti.

«Nessuna sberla e tantomeno spintoni – sostiene l’avvocato Battocletti –, ma piuttosto manovre necessarie a contenere l’aggressività dei pazienti meno collaborativi». Nel condividere la valutazione dell’Asp - che nel procedimento è assistita dallo studio degli avvocati Campeis - rispetto alla «prevalenza dell’interesse pubblico di accertare i fatti su quello privato del lavoratore di essere tempestivamente informato sugli addebiti disciplinari», il giudice civile ha comunque fondato l’ordinanza sulle testimonianze rese dalle colleghe della Fadini che ne avevano denunciato i modi «bruschi», «la violenza fisica» e le «denigrazioni verbali» riservati ad alcuni ospiti.

 

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