Maltrattamenti in casa di riposo: inflitti due anni all’ex operatrice

CIVIDALE. I maltrattamenti ai danni di alcuni ospiti della casa per anziani di Cividale ci furono. Ma non tutti gli episodi di cui Laura Fadini è stata chiamata a rispondere vanno ascritti all’alveo dell’attività vessatoria.
È quanto stabilito dal giudice monocratico del tribunale di Udine, Paolo Lauteri, con la sentenza che ha condannato l’ex operatrice socio-sanitaria, oggi 57enne, a 2 anni di reclusione (pena sospesa con la condizionale) e, riqualificati i fatti relativi a una delle tre parti offese in percosse e lesioni personali, dichiarato per gli stessi il non doversi procedere per difetto di querela.
Il sostituto procuratore Barbara Loffredo, titolare dell’inchiesta, aveva chiesto che le fossero inflitti 3 anni e 6 mesi di reclusione. Pur se a fronte di «un notevole ridimensionamento della rilevanza penale dei fatti», la difesa, rappresentata dagli avvocati Rino Battocletti e Francesca Lanzutti, si è riservata di valutare l’impugnazione del verdetto dopo la lettura delle motivazioni.
Era stata la segnalazione presentata in febbraio dall’allora direttore generale dell’Asp, Denis Caporale, sulla scorta delle voci riferitegli da una parte del personale, a mettere in moto le indagini del Commissariato di polizia di Cividale.
Gli agenti al comando del vicequestore aggiunto, Michelangelo Missio, avevano concentrato l’attività tecnica - un mese di filmati e intercettazioni - nel reparto “Stella alpina” riservato a degenti con problemi di demenza senile. Ieri, nel ricostruire la vicenda, il pm ha dettagliato quanto “catturato” dalle telecamere e riferito anche stralci delle testimonianze rese da alcune delle colleghe che avevano lavorato con l’imputata.
«Adesso ti dò», «Spero che tu muoia» e «Schifosa»: così l’avevano sentita rivolgersi alle pazienti più irrequiete, mentre colpiva il ventre di una o torceva una mano dell’altra.
L’episodio più grave, in tesi accusatoria, era stato quello che per poco non aveva visto l’operatore di polizia giudiziaria interrompere la visione in diretta delle riprese, per recarsi nella struttura e impedirle di continuare a premere un asciugamano sul volto di un’anziana distesa a letto, mentre la collega le cambiava il pannolino.
«Si è detto che erano ospiti portate a reagire in modo esagerato – ha osservato il pm –, ma la loro era un’aggressività comprensibile, perchè in quelle condizioni si sentivano indifese». Colpita dalla misura cautelare del divieto di avvicinamento, Fadini - che ha sempre negato gli addebiti - era stata licenziata ancor prima che il procedimento approdasse in tribunale.
Il giudice le ha riconosciuto le attenuanti generiche in regime di prevalenza sull’aggravente. «Si è trattato di valutare comportamenti assistenziali privi di gratuita lesività», ha affermato l’avvocato Battocletti, rilevando in particolare come «semplici operatrici socio-sanitarie sprovviste di adeguata formazione fossero state gravate dall’affidamento di ospiti con malattie psichiatriche e di pratiche di carattere prevalentemente infermieristico».
Quanto alle singole contestazioni, la collega Lanzutti si è soffermata tra l’altro sull’accusa di avere lavato una degente con acqua bollente, attribuendo la causa «a problemi dell’impianto idraulico», e ha spiegato le espressioni offensive come l’«intercalare a momenti di tensione». —
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto