Majano, il dolore lasciò una scia di sconforto

Il terremoto del 6 maggio dimezzò le famiglie e durante l'estate, trascorsa in tenda, si registrarono una serie di suicidi e incidenti tra i tecnici e i soccorritori

MAJANO. A Majano ne avevano viste troppe, morti intrappolati tra le macerie dei condomini, tra le travi delle fabbriche, tra le case crollate. Lunghe file di bare le cui immagini ancora oggi si intrecciano con i ricordi più terribile.

Quelle lacrime mai scese, quei ricordi annegati nella disperazione, finirono per segnare con altrettanta forza le famiglie dimezzate dal terremoto del 6 maggio 1976. Chi c’era racconta di una serie di suicidi registrati in quell’estate trascorsa in tenda a cercare il coraggio di ripartire.

A Majano tra le macerie dei condomini dopo le urla calò il silenzio

«La gente era disperata» racconta l’ex sindaco, Alessandro Schiratti, pensando ai due bambini che quella notte persero la mamma. Bastava questo a segnare le loro vite, invece il destino si accanì ancora e gli strappò anche il padre.

L’uomo non resse al dolore di aver perso la moglie e morì di crepacuore. Altrettanto provata la nonna, costretta a sostituire entrambi i genitori. Tirò fuori tutta la grinta che aveva dentro, ma non ce la fece a superare le difficoltà in un momento in cui tutto sembrava finito.

Non ce la fece e decise di andarsene per sempre. Quel gesto disperato lasciò un segno nel futuro del nipote che avrebbe voluto entrare nell’Arma dei carabinieri. Quel no formalizzato in poche righe lo gettò nella disperazione e pure lui decise di gettare la spugna.

La disperazione giocò un brutto scherzo anche a un giovane elettrotecnico che perse la sua attività nel crollo di uno dei due condomini. Tentò di ripartire, c’era quasi riuscito, ma all’improvviso le difficoltà ebbero la meglio. Anche lui si perse per sempre.

Questo fu uno degli effetti, forse meno noti, del terremoto. Passata la furia del momento, il movimento tellurico lasciò un malessere generale che non tutti riuscirono a superare. Aspetti non secondari neppure per gli amministratori che si trovavano a dialogare con la gente rassegnata e terrorizzata.

Nell’estate 1976 non mancarono neppure gli incidenti nei quali persero la vita tecnici e soccorritori. A Majano si schiantò il responsabile del Centro di coordinamento arrivato da Roma: dopo aver lavorato per mesi in una roulotte decise di trasferire la famiglia in Friuli. Perse la vita in un incidente stradale mentre andava a Udine a prendere moglie e figli.

La stessa sorte, nello stesso luogo, toccò anche a un responsabile dell’ufficio tecnico giunto da Trieste. Ecco perché, a 40 anni di distanza, Schiratti quasi con rassegnazione dice «la morte non ci segnava».

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