Lupi, diciassette branchi sulle Alpi. L’esperto: «Vaia ha aperto la strada alle migrazioni»

Il senatore Luca De Carlo, presidente della Commissione Agricoltura sostiene che dall’eventuale assalto dei lupi «ci si difende non solo con i cani, ma anche con il piombo»

Tornano i lupi nelle Alpi. Ne sono stati individuati 17 i branchi, di cui numerosi numerosi ibridi. Perchè avviene questo fenomeno? Spiega Duccio Berzi, dell’Università di Sassari che la tempesta Vaia ha aperto delle “autostrade” alle migrazioni di carnivori. Ma soprattutto perché nelle cavità liberate i selvatici hanno trovato modo di riprodursi.

È una delle tante novità scaturite dal convegno “Il ritorno del lupo: quale convivenza?” che si è tenuto sabato 17 pomeriggio alla ex Casa Rossa di Ponte nelle Alpi, organizzato da Provincia di Belluno e Comune di Ponte nelle Alpi, con la collaborazione del Parco nazionale Dolomiti bellunesi e della Regione Veneto.

Il senatore Luca De Carlo, presidente della Commissione Agricoltura, collegato da Roma, è stato l’unico a sostenere che dall’eventuale assalto dei lupi «ci si difende non solo con i cani, ma anche con il piombo», assicurando che il Governo sta ipotizzando misure di contenimento, poiché è troppo alto l’allarme sociale e troppi sono anche i danni da risarcire.

Ma a cominciare dal moderatore del convegno, il consigliere provinciale Franco De Bon, quasi tutti hanno sostenuto che col lupo bisogna convivere, perché tra l’altro è un’opportunità, dando esso la caccia agli ungulati di precarie condizioni fisiche, e quindi per il riequilibrio naturale. Ennio Vigne, presidente del Parco, si sa è un moderato, ma per lui non ci sono dubbi: «La convivenza è assolutamente possibile».

E lo ha dimostrato con l’esperienza maturata all’interno del Parco.

Le predazioni

Stefano Maier, il suo collaboratore, ha infatti riferito che dal 2017 ad oggi, grazie alle misure di prevenzione (solo quest’anno sono stati distribuiti 9 recinti elettrici, con panelli fotovoltaici per alimentarli), le predazioni di animali domestici sono state 17 e 65 quelle di selvatici (per le carcasse trovate, ma il numero potrebbe essere più alto).

Christian Losso, dirigente della Polizia provinciale di Belluno, illustrando i risultati del monitoraggio dei lupi, ha parlato di 88-95 predazioni l’anno, da qualche tempo a questa parte. Ogni attacco comporta l’uccisione di due animali e mezzo. E, a proposito di misure preventive, ha precisato che solo cinque di questi assalti sono avvenuti nonostante la presenza di cani e solo 17 con i recinti. La maggioranza, dunque, si ha là dove non ci sono protezioni.

La convivenza

Il territorio più ambito dai lupi va da Feltre a Belluno, fino in Alpago; anche Auronzo, ultimamente. Certo, l’allarme sociale è sempre più di spessore. Paolo Vendramini, sindaco di Ponte nelle Alpi, ha testimoniato di essere rimasto subissato da chiamate quando il carnivoro è stato intercettato nel borgo di Nuova Erto. Ma perfino Paolo Zanetti, presidente dei Distretti di Caccia, ha ammesso che al lupo non si può ormai rinunciare, proprio per “l’equilibrio colturale”. «Non c’è spazio? Si tratta di stringerci un poco», ha suggerito.

Contenimento per conservare

Però Marco Apollonio, professore all’Università di Sassari e responsabile del progetto di gestione proattiva del lupo in Veneto, ha ammesso che proprio per garantire una presenza equilibrata del lupo nei nostri territori è necessario intervenire, se è il caso, anche attraverso il contenimento, come si fa in altri Paesi.

Ma finalizzato – la sua raccomandazione – alla conservazione della specie, non alla sua distruzione. Durissimo il suo attacco al Trentino Alto Adige, specie alla Provincia di Bolzano. «La cosa peggiore è non fare niente. Cioè, appunto, l’Alto Adige. Non monitorano, non prevengono, non distribuiscono recinti e cani».

L’informazione

Bene invece, a suo dire, la Provincia di Belluno e il Veneto, per la corretta informazione. Meglio ancora sarebbe tabellare i sentieri percorsi solitamente dal carnivoro, avvertendo chi s’inoltra a passeggiare. E poi si tratta di far pagare l’onere di questa presenza non solo agli allevatori, ma a tutta la comunità. Magari con una strumentazione di allarme, quindi preventiva. Sette, ha riferito Berzi, i lupi radiocollarati sulle montagne di Vicentino e Bellunese.

Il Parco ha attivato anche squadre di pronto intervento, che si mobilitano in fase di allarme e di allontanamento dei predatori. Positivi si sono dimostrati anche i pallini di gomma, ma autorizzati.

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