“L’oste-pittore” sbarca a Cividale con i suoi ritratti

UDINE. Comincia a dipingere perché si sente «un sopravvissuto». Ha poco più di 20 anni quando il primo maggio 1976 apre un bar nel centro storico di Cividale. Non proprio una data fortunata. Cinque giorni dopo, il terremoto fa mille morti e cambia la vita del Friuli. Anche la sua.
«Avevo le cambiali da pagare e le case puntellate attorno a me. Sono scappato in Olanda per due mesi». Giordano Floreancig è un impulsivo, anche nell’arte.
In tanti lo conoscono perché è l’anima dell’Antica Osteria Al Fagiano in via Zanon, a Udine, e magari vedono pure i suoi quadri appesi alle pareti. L’altra sua vita si svolge in un luminoso atelier a Buttrio, dove qualche centinaio di tele e sculture riempiono in modo ordinato primo piano e soppalco.
Anche qui va in scena il personaggio Floreancig, non solo la sua arte. Ci sono in bella mostra le sue scarpe macchiate di vernice, i pennelli usati, i tubetti di colore svuotati, una cuccia con dentro un manichino vestito da impiegato: “Attenti all’uomo” si chiama, e proviene da una sua rocambolesca esposizione veneziana.
L’oste che dipinge è alle prese con il suo ultimo periodo: sempre volti, visi, facce - i suoi soggetti preferiti -, ma intrisi di colore al punto da perdere quasi i connotati.
Da ieri, nella chiesa di Santa Maria dei Battuti a Cividale, l’oste-artista espone le sue ultime opere nella personale dal titolo “Dopodiché. Giordano Floreancig pittore?”. Affida la risposta ai suoi quadri, ai quali attribuisce vita e volontà. “Io sono mio” è il titolo di uno; “Ti aspetto tremando” un altro. Di loro dice: «Certi quadri non sono ancora finiti che vogliono andare al loro vernissage». E aggiunge: «La sera gli dò la buonanotte, la mattina il buongiorno e a Natale il panettone».
«Che non siano loro che si dipingono da sé?», ironizza affettuosamente la figlia Toni Valentina nella prefazione di un catalogo. È stata lei nel 2005 a incoraggiarlo a esporre, mandando un quadro a un concorso. Ma è per la Biennale di Venezia del 2009 che Floreancig decolla: inscena per una galleria una clamorosa eutanasia della pittura dando fuoco a 147 tele.
«L’esposizione d’arte era una fiera delle installazioni, dei video, delle performance, si era dimenticata della pittura. Ho pensato: non volete i miei quadri? Allora li brucio».
Un evento che genera, appunto, una performance e un video, ma anche una provocatoria offerta: le ceneri dei quadri da comprare in lattina. «Richiestissime, ma non sono più in vendita» racconta oggi Giordano, che ha ripetuto il falò a Buttrio e a Trieste l’anno dopo, in occasione dei 30 anni della morte di Franco Basaglia.
Luogo ideale della sua opera perché per tutti è “il pittore dei matti”. Figure sbilenche, deformi, nasi enormi, occhi esorbitanti. Sì, sui suoi volti si legge la follia. Solo le donne ogni tanto hanno un corpo, un seno, una certa sensualità, come si vedrà a Cividale.
«Non so disegnare. Ho cominciato da autodidatta, e non ho mai voluto andare a scuola per paura di contaminarmi, di perdere l’ispirazione. Ho sempre dipinto i volti. Mi interessano le facce. Quelli che chiamano matti sono in realtà i veri normali».
E cita l’amico Ezio Vendrame: «Le cose più ragionevoli, elementari e legittime sono le follie». La mostra resterà aperta fino al 27 settembre.
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