L’orso avvistato a Peteano e il precedente di Gabria «Segue la stessa pista»

Proprio a gennaio del 2020 un esemplare lungo il Vallone e la circostanza convince il docente Filacorda, mentre Ambrosi parla di cinghiali

L’avvistamento di un orso avvenuto nei giorni scorsi da parte di un rider a bordo del suo scooter ha inevitabilmente incuriosito e sorpreso, ma ha anche sollevato i dubbi di molti, tra gli altri quello di Renzo Ambrosi, presidente del distretto venatorio “Carso”, ma dal mondo scientifico arrivano conferme sulla possibile correttezza dell’avvistamento.

Ambrosi, che a Peteano vive, propende per la tesi del grosso cinghiale scambiato per un giovane esemplare di plantigrado perché, osserva, «sul Carso goriziano e triestino ci sono almeno 400 fototrappole, ma l’orso è stato fotografato soltanto due volte nella zona di Jamiano. Si tratta dell’unico riscontro fotografico. Se l’area fosse popolata da orsi, ne avremmo molti di più».

«Il dubbio è giusto porlo, ma è plausibile che si sia trattato davvero di un orso», nota, dal canto suo, Stefano Filacorda, ricercatore e coordinatore degli studi sulla fauna selvatica dell’Università di Udine, ricordando che la presenza degli orsi sul Carso è un dato di fatto documentato con elementi di tipo sia biologico, sia tecnico.

«Premesso con un bisticcio che le osservazioni dipendono dall’osservatore, non è che se l’orso non viene fotografato non esiste», dice l’esperto, aggiungendo che un anno fa è stato campionato materiale organico di un orso nella zona di San Michele. «Dobbiamo abituarci all’idea che il Carso è frequentato da giovani esemplari d’orso». Anche le telemetrie dei radiocollari indicano l’area come zona di passaggio di questa specie di animali: è come se seguissero un percorso predefinito e non ci sarebbe da stupirsi se l’esemplare avvistato a Peteano fosse lo stesso avvistato in questi stessi giorni dello scorso gennaio a Gabria mentre attraversava la Strada statale 55 “del Vallone” all’altezza dell’albergo “da Tommaso”. Era la notte tra sabato 18 e domenica 19. «La coincidenza temporale è molto interessante – sottolinea Filacorda – e sarebbe altrettanto interessante avere dei campioni genetici per confermare l’identità dell’esemplare perché sappiamo che gli orsi hanno una fedeltà temporale. Si muovono alla ricerca di cibo, sono molto affamati e scendono dal Carso. Il dubbio che si sia trattato di un cinghiale, rimane; gli orsi, però, sul Carso ci sono: sono rari e pochi, ma ci sono. Si muovono sempre lungo lo stesso percorso e ragionevolmente è già rientrato nel suo territorio».

Il Carso è un po’ come il casello di un’autostrada che arriva fino a Logatec. L’orso va e viene verso il monte Nanos seguendo sostanzialmente sempre gli stessi passaggi. Secondo i tracciamenti dei ricercatori si sposta lungo la valle del Vipacco e, passando sotto l’autostrada, arriva fino al fondovalle dove alcuni esemplari rimangono anche per mesi. Seguendo la dorsale del Carso sloveno rimanendo nei boschi, gli orsi arrivano a Opacchiasella, scendono verso Rubbia e raggiungono Peteano dove il rider lo ha avvistato. «A Peteano è almeno la quarta segnalazione in una quindicina d’anni che registriamo. Ripeto: il dubbio può esserci, ma non possono certo essere tutti ubriachi quelli che li vedono», conclude Filacorda sdrammatizzando con una battuta. –



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