L’organaro Gustavo Zanin dedica il titolo alle spose
Il neodottore in Storia dell’arte: senza le donne e la famiglia non avremmo fatto tutto questo

Udine 10 Luglio 2017. Consegna Laurea Honoris Causa a Gustavo Zanin. © Foto Petrussi
Laureato ad honorem in Storia dell’arte e Conservazione dei beni storico-artistici, l’organaro Gustavo Zanin dedica il titolo alle spose. «Senza di loro – afferma – non avremmo fatto tutto questo». Il neo dottore parla al plurale perché prima di lui accordava gli organi suo nonno, suo padre e ora il figlio Francesco e il nipote Carlo. È una storia dalle radici antiche, costruita dagli uomini e dalle donne della famiglia Zanin. Su questo tasto ha insistito, ieri, nella chiesa di San Quirino, l’organaro, 87 anni compiuti e una vitalità da far invidia a chiunque. L’ha fatto dopo essere stato proclamato dottore per «i suo meriti di profondo conoscitore della tecnica organaria classica, di innovatore alla continua ricerca di soluzioni tecniche originali, di appassionato professionista fortemente legato alla tradizione che ha contribuito con impegno alla valorizzazione del territorio e del patrimonio storico-culturale del Friuli». In 200 anni di storia ha attribuito ai suoi organi «un accento friulano comprensibile in tutto il mondo».
All’appuntamento, il maestro, è arrivato con un certo anticipo, ha stretto le mani a tutti prima di fare il suo ingresso nella chiesa trasformata in auditorium, piena di gente. «La parrocchia di San Quirino – ha sottolineato don Claudio Como – è onorata e riconoscente all’università di aver scelto la nostra chiesa per questa solenne e più che giustificata proclamazione». Una chiesa che custodisce l’antico organo di Francesco Zanin e l’opus DCCCXXXVII di Gustavo Zanin. Una chiesa dove i microfoni non funzionano al meglio e questa è stata l’unica nota stonata della cerimonia.
«È una laurea al saper fare perché sapere accademico e sapere professionale vanno nella stessa direzione», ha spiegato il magnifico rettore, Alberto Felice De Toni, prima di passare la parola al direttore del Dipartimento di studi umanistici, Andrea Zannini, secondo il quale «il maestro Zanin rappresenta perfettamente ciò che noi intendiamo per “patrimonio culturale”. Così come è stato saggiamente descritto nella Costituzione, all’articolo 9: un articolo straordinariamente importante e visionario, unico al mondo che, già 70 anni fa, inseriva la tutela del patrimonio storico-artistico della Nazione tra i compiti dello Stato». Un patrimonio salvaguardato dallo stesso Zanin che, come ha evidenziato nella laudatio il direttore del conservatorio di musica Tomadini, Paolo Pellarin, ha costruito 400 strumenti, 900 quelli a catalogo oggi. Giuseppe, Beniamino, Francesco, Gustavo, ricordata la stirpe, Pellarin ha aggiunto: «Nulla di passatista perché Francesco Zanin e suo figlio e il figlio di suo figlio, riprendono sì a costruire come costruiva il bisavolo e i maestri organari che lo precedevano, recuperando in modo sempre più puntuale e convinto le modalità costruttive della scuola classica veneziana, salvo aggiungere, non sostituire, tutto quanto la moderna tecnologia consente». Nel settore del restauro, invece, Pellarin ha ricordato l’enorme lavoro svolto da Gustavo Zanin su numerosi strumenti dopo il terremoto del 1976. Lungo l’elenco dei comuni dove ha operato. Nella sua bottega, a Codroipo, sono giunti molti attestati di stima: «Dall’organista titolare della basilica di San Pietro, Jimmi Goëtsche, al tenore Mario Del Monaco fino al ballerino e coreografo Rudolf Nureyev che volle uno strumento di Gustavo nella propria abitazione privata in Italia». E poi davanti al leggio si è presentato lui, il maestro Gustavo Zanin con tanto di tocco e toga. Leggermente emozionato – «è perfettamente inutile che ve lo dica» ha sdrammatizzato – il neo dottore ha subito preso in mano la situazione e diretto l’orchestra. Spiegato cos’è un organo, Zanin ha ripercorso la sua vita ricordando il suo essere bambino tra gli organi da accordare già installati nelle chiese. «Aiutavo mio padre tenendo premuto i tasti che davano l’aria a quelle canne necessarie di intonazione. Il vero impegno – ha proseguito – stava nell’attendere il momento in cui i suoni di tutte le canne sottoposte a intonazione raggiungevano la perfetta accordatura per pote passare al tasto successivo». Iniziò così la sua carriera di organaro. «Ho lavorato molto nei notturni di chiese e cattedrali, immergendomi – queste le sue parole – nell’immensità delle onde sonore». Ma ieri il maestro ha dato il massimo illustrando il funzionamento delle canne, indicando, non senza ringraziarlo, le tonalità al maestro organista Davide Basaldella. «L’organo si adatta al nostro pensare, ci avvince, ci trasporta sui campi dell’infinito», ha concluso dedicando la laurea alle spose. In primis a Marinella Sonego, sua moglie che non ha mancato di abbracciare. Tanti gli applausi e quando il maestro Beppino Delle Vedove ha eseguito con l’organo Zanin “Toccata e fuga” in Re minore di Bach non è mancata l’ovazione.
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