Lite tra cugini sul marchio vince: “Venica & Venica”

UDINE. Il nome è lo stesso e il settore commerciale anche. Ma tra l’Azienda agricola “Venica & Venica” di Gianni e Giorgio Venica, di Dolegna del Collio, e quelle costituite rispettivamente dai loro cugini Bruno e Giovanni Venica, nelle sedi di via Craoretto, a Prepotto, le differenze, sul piano della qualità e del posizionamento sul mercato nazionale e internazionale, sono enormi.
Muove da queste premesse l’azione civile che, tre anni fa, i titolari di “Venica & Venica” promossero contro i parenti, per i presunti comportamenti di abuso, tramite l’uso del patronimico “Venica” in funzione di ditta, di contraffazione, attraverso l’utilizzo del medesimo segno come proprio marchio, e di concorrenza sleale, mediante la commercializzazione dei rispettivi vini con etichetta capace di generare confusione nei consumatori.
Sfumato il tentativo di conciliazione in via stragiudiziale, la vicenda è proceduta in sede civile e si è chiusa nei giorni scorsi con sentenza sostanzialmente favorevole alle richieste avanzate dai legali di Gianni e Giorgio Venica.
Condividendo una parte delle tesi sostenute dai legali della nota azienda friulana, avvocati Luca Ponti, di Udine, e Alessandro Tudor, di Trieste, i giudici del tribunale di Trieste presieduto da Giovanni Sansone (a latere Sergio Carnimeo, relatore, e Riccardo Merluzzi), hanno inibito alle due aziende di Prepotto «l’uso del patronimico “Venica” come marchio per i propri prodotti destinati, anche tramite intermediari, a mercati geograficamente diversi, per territorio, dalla regione Friuli Venezia Giulia».
Un riconoscimento importante per i vignaioli di Dolegna, già a capo di una delle più antiche e rinomate aziende del Friuli Vg attive nella produzione e commercializzazione di vini e messa ora al riparo dalla possibilità di ritrovarsi danneggiata da eventuali fastidiose, oltre che economicamente dannose, situazioni di equivoco.
«Utilizzando il segno “Venica” sia come ditta, sia come marchio - avevano argomentato gli avvocati Ponti e Tudor -, le aziende di Bruno e Giovanni Venica avevano assunto un comportamento di tipo parassitario. Nelle loro attività, non avevano operato alcun accorgimento in grado di evitare il rischio di confusione o associazione. Insufficiente sarebbe infatti affiancare al segno “Venica” il nome proprio “Bruno”, come pure la dicitura “Di Giovanni Venica”». Da qui, anche le ipotesi della contraffazione del marchio e della concorrenza sleale.
Costituitisi con gli avvocati Luca Romanin, di Pordenone, e Maurizio Consoli, di Trieste, entrambi i cugini avevano resistito in giudizio, ricordando le tante differenze che distanziavano le rispettive imprese, costituite nel 1996 e attive fin dal ’76, dalla assai più grande e nota “Venica & Venica”, peraltro ricadente della zona “Collio” e non in quella dei “Colli Orientali del Friuli”, e posizionata su un mercato di fascia medio-alta, proiettato anche in Europa e Nord America.
Nel ripercorrere le tappe della vicenda ed esaminare ciascuna delle contestazioni sollevate dai legali di “Venica & Venica”, il tribunale triestino ha tuttavia riconosciuto come «legittimo, per tutte le parti in causa accomunate dal medesimo cognome, il patronimico».
Considerato provato «un preuso del patronimico come marchio da parte di entrambe le aziende di Prepotto anteriormente alla registrazione del marchio comunitario da parte di quella di Dolegna», inoltre, i giudici hanno consentito a Bruno e Giovanni di continuare a utilizzarlo «come marchio di fatto» entro i soli confini regionali.
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