L’ex caserma Sbaiz tra vincoli e abbandono

«Troppe sono le parole cadute nel nulla, troppi i discorsi belli ma vuoti, che, non per causa nostra, non hanno portato poi a un giusto e doveroso cammino di fatti e concretezza» ha commentato il...

«Troppe sono le parole cadute nel nulla, troppi i discorsi belli ma vuoti, che, non per causa nostra, non hanno portato poi a un giusto e doveroso cammino di fatti e concretezza» ha commentato il sindaco di Visco, Elena Cecotti, nel suo intervento riferendosi al luogo che ha ospitato l’evento di ieri della celebrazione della giornata della Memoria: l’ex caserma Sbaiz. L’area fu prima ospedale militare della Croce Rossa, poi campo di internamento, quindi caserma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, poi caserma di artiglieria e fanteria fino al 1996, quando venne chiusa e – nell’ambito della sdemanializzazione – ceduta al Comune. Un Comune di circa 800 abitanti che è divenuto proprietario di un’area di 130 mila metri quadrati. Un complesso che fu utilizzato per scopi militari, con un’architettura militare orientata a soddisfare unicamente le esigenze funzionali, priva di elementi architettonici e materiali costruttivi di pregio, con migliaia di metri quadrati di coperture in eternit da bonificare e al centro di diatribe con la Soprintendenza dei beni culturali la quale ha vincolato parte dell’area senza che la politica abbia dato strumenti e mezzi ad un piccolo Comune come quello di Visco. Unica eccezione, i ventimila euro recentemente stanziati per lo sviluppo di idee.

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto