L'eco in Friuli alla vicenda di dj Fabo, la storia di Marcello Costantini: così scelse di morire

L'esponente radicale Mario Puiatti racconta quanto successo al pordenonese Costantini. «Da allora nulla è cambiato»

PORDENONE. Una foto e poche righe per far sapere “che morire con dignità è possibile anche per una persona “normale”, un comune cittadino come me. Caro Mario, ritengo utile dare un po’ di pubblicità al fatto che sono ricorso al cosiddetto “suicidio assistito” in Svizzera per far sapere al maggior numero possibile di persone che si tratta di una procedura affrontabile. Ti ringrazio e ti abbraccio”. Firmato: Marcello.

Così con una mail e una foto Marcello Verdica Costantini comunicò all’amico Mario Puiatti qual era stata la sua scelta: «Morire con dignità». Porre fine alla propria esistenza come alternativa ad una morte per cancro, ormai certa ma con data indefinita.

Era il 4 marzo 2013 quando Marcello Costantini morì in Svizerra con la procedura del suicidio assistito. «Sono passati quasi 4 anni - è la considerazione di Mario Puiatti - e in Italia non è cambiato nulla».

Costantini era stato un funzionario dell’Inps per trent’anni, a sessant’anni scelse di andare in pensione e venduta la casa a Pordenone, si trasferì all’isola di Milos, in Grecia. Negli anni ’70 e ’80 insieme alla moglie, Sara Del Zotto, prematuramente scomparsa, fu attivo nelle campagne referendarie per i diritti civili. Iscritto al Partito Liberale Italiano dal ’66 al 1990, era stato socio fondatore dell’Associazione Gommonauti Pordenonesi.

Appassionato di mare e di barche, si dedicò anche al giornalismo collaborando con il mensile di nautica da diporto “Il Fuoribordo”, ed era stato anche socio fondatore e presidente della Pro Loco di San Quirino e del Circolo Scacchistico Pordenonese.

Nel 2012 arrivò la diagnosi di un tumore del cavo orale, una neoplasia che la chirurgia riteneva di poter affrontare e risolvere. Poi, invece, l’ottimismo dei medici venne ridimensionato dalle analisi sulla massa asportata che aveva rivelato appartenere ad una tipologia di tumore più aggressiva del previsto. Da qui l’indicazione a sottoporsi ad un altro intervento, più invasivo e devastante del precedente. Un’opzione a cui Marcello disse no.

Dj Fabo è morto, Englaro: massimo rispetto per la sua scelta
+++ATTENZIONE LA FOTO NON PUO' ESSERE PUBBLICATA O RIPRODOTTA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA +++ Un'immagine, tratta dal profilo Facebook dell'Associazione Luca Coscioni, del dj Fabo, al secolo Fabiano Antoniani, diventato cieco e tetraplegico a causa di un incidente stradale. L'uomo, 39 anni, si ?? rivolto all'Associazione Luca Coscioni e ha inviato un appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinch?? intervenga sul fine vita. Roma, 19 gennaio 2016. ANSA/ FACEBOOK

Chiese all’amico di tante battaglie per i diritti civili, Mario Puiatti, informazioni e indicazioni, e ottenne il contatto con un’associazione svizzera, la Dignitas con sede a Forch, la stessa che nel novembre 2011 offrì assistenza a Lucio Magri, fondatore del Manifesto e ieri a dj Fabo. Qualche settimana più tardi arrivò la mail con cui Costantini chiedeva a Mario di informare sulla sua morte e sulle modalità con cui questa era avvenuta.

«Siamo nel 2017 e rispetto a quattro anni fa nulla è cambiato. Il problema di fondo è chiarire se siamo liberi cittadini o sudditi di proprietà di qualcun altro. Il dj Fabo - prosegue Puiatti - aveva deciso che la propria vita non aveva più senso, che quel calvario doveva finire.

E’ quindi un problema di rispetto, e anche una questione di carità cristiana, oserei dire, o dovrebbe esserlo. Proviamo a ricordare Monicelli, costretto a 95 anni a gettarsi dalla finestra della stanza di ospedale in cui era ricoverato. Fabo non lo poteva fare...».

«C’è chi pensa che noi non disponiamo della nostra vita, ed è libero di pensarlo, è giusto pensarlo ma per sè.

Non è accettabile - è l’opinione di Puiatti, ex consigliere regionale dei Verdi, fondatore dell’Aied a Pordenone, sostenitore di tante campagne per i diritti civili, da quella per il divorzio a quella per l’aborto a quella per la procreazione assistita - che le idee che ognuno di noi ha debbano essere imposte con la forza a tutti, per legge. In questo modo si diventa talebani.

Io non pretendo che altri facciano quel che faccio io, ma come io rispetto le idee altrui, chiedo rispetto per le mie». E per Mario Puiatti «la vita è un diritto, non un obbligo. E ai diritti è possibile anche rinunciare».

L’Italia «è sempre più un Paese incivile, perché non è in grado di rispettare le diversità, mentre la convivenza, in un Paese civile, si basa proprio sul rispetto delle diversità. Qui invece ciò che è considerato peccato per alcuni deve diventare un reato, dimenticando che così facendo si entra nella logica della sharia, della fede che diventa legge».

E se non si riesce a trovare un accordo sul testamento biologico, figurarsi «se si legalizza il suicidio assistito. Che è - conclude Puiatti - cosa diversa dall’eutanasia».

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