Le scarpe per i migranti a Trieste Il grande cuore dei liceali del Pujati

Il progetto dei docenti Derna Gerdol e Ruggero Da Ros. Saranno consegnate a Linea d’ombra 
Chiara Benotti

la storia



Scarpe per gli immigrati e profughi che arrivano scalzi dalla rotta balcanica: le raccolgono i liceali del Pujati a Sacile, con gli insegnanti che hanno lanciato il progetto etico.

La classe 3ª B ha completato il primo stock di scarpe e saranno spedite all’associazione Linea d’ombra che a Trieste dà una mano ai migranti, in fuga dalla fame e dalla guerra.

«L’educazione civica concreta si attiva nel progetto etico condiviso con Linea d’ombra di Trieste: scarpe per chi non le ha – spiega la docente Derna Gerdol, originaria di Trieste –. Le volontarie Lorena Fornasir e Paola Spinelli accolgono i migranti della rotta balcanica. Quelli che arrivano in condizioni disperate e hanno bisogno di scarpe: raccogliamo le ginniche o sportive e le porteremo, in giugno, a Trieste, ai migranti».

Linea d’ombra dal 2019 raccoglie fondi per sostenere le popolazioni migranti lungo la rotta balcanica e dove c’è bisogno. «Scatoloni in ogni classe per raccogliere paia di scarpe – aggiunge il docente Ruggero Da Ros –. Usate ma in buone condizioni e magari nuove per chi le ha nell’armadio. La solidarietà non ha confini».

Il cammino dei migranti ricorda gli antichi cammini dei pellegrini verso e dall’Oriente, la Terrasanta, prima e dopo le Crociate. «Ci piace pensare che gli aiuti dei nostri studenti – spiegano i professori – siano legati a una antica tradizione storica dei pellegrini che in pace hanno attraversato l’Europa creando rotte dello spirito e delle culture». I migranti della rotta balcanica arrivano senza scarpe, senza cibo nè acqua al confine italiano. «Su di loro c’è l’eco degli spari della polizia slovena che li intercetta nei boschi – raccontano i volontari di Linea d’ombra –. Si nascondono arrivano con ferite infette nei piedi e corpi di magrezza impressionante: l’Afghanistan è qui, alle porte di casa nostra».

Il professore Da Ros ha percorso un tratto della rotta balcanica dei migranti, cioè gli invisibili che arrivano da Pakistan, Afghanistan, Bangladesh con le scarpe sfondate dopo venti giorni di marcia sul confine italiano.

«Un’esperienza che strappa l’indifferenza dal cuore». Il professore ci consegna la sofferenza umana alla coscienza, contro l’ipocrisia dell’indifferenza e le amnesie storiche. «Il percorso dei migranti che abbiamo fatto in gruppo questa estate è di una decina di chilometri dal castello di San Servolo in Slovenia alla Val Rosandra – aggiunge Da Ros –. Lungo il sentiero ci sono i vestiti abbandonati dai migranti prima di arrivare in città e talvolta i loro giacigli, i documenti, le scarpe sfondate dopo 270 chilometri di marcia tra boschi, foreste e la corsa per sfuggire ai controlli».

Le tracce sulla dorsale sono di decine di profughi che hanno dormito per terra, nei boschi, con la paura di essere trovati e arrivano dai Paesi dove soffrono la fame e spesso sono braccati per ragioni politiche. «Il loro obiettivo è quello di dirigersi verso il nord Europa conclude Da Ros –. Per il loro viaggio raccogliamo le scarpe». —



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